Un carattere da leader assoluto, ma per nulla facile quello di Christian Panucci. Uno dei difensori più vincenti della storia della serie A già aveva avuto problemi col “papà” Capello due paia di stagioni prima (ricordate il rifiuto a scendere in campo a Reggio Calabria?) ma qualche mese dopo tutti capirono perché visto che Don Fabio si era promesso alla Juve. Diverso il diverbio con Spalletti. L’anno è il 2009, uno dei più duri di Luciano visto che lo spogliatoio non prese affatto bene la sortita estiva a Parigi ad ascoltare le lusinghe del Chelsea. Le epiche rincorse all’Inter sono solo un ricordo, la classifica piange e la Roma è attesa da una partita difficile a Napoli. Alla volta del Vesuvio si parte in treno e durante la riunione tecnica avviene il “fattaccio”: Spalletti comunica che Totti e Panucci partiranno dalla panchina. Il capitano non fa una piega, il terzino rifiuta e preferisce accomodarsi in tribuna. La Roma vince 3-0, ma al termine della gara si scatena il putiferio. La società multa il giocatore, che a sua volta chiede di essere ceduto, a soli cinque giorni dalla chiusura del mercato invernale. Corsi e ricorsi anche qui. I giallorossi si cautelano con Motta e depennano il nome del savonese dalla lista Champions. Una scelta scellerata. Al suo posto si alternano tra fascia e centro proprio Motta e Loria. Nella doppia sfida con l’Arsenal persa poi ai rigori proprio l’assenza di Panucci si rivelò determinante. All’andata un errore madornale di Loria spianò la strada a Van Persie e al ritorno furono costretti a giocare al centro Riise e Diamoutene. Un mese dopo chiederà scusa e sarà reintegrato, ma la sua avventura a Trigoria si chiuderà a fine stagione. Così come quella di Spalletti qualche mese dopo. I due bisticceranno pure in tv qualche anno dopo.
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