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Da Montella-Capello a Panucci-Spalletti: ecco come Fonseca e Dzeko possono evitare di far male alla Roma

Francesco Balzani

Qui si entra nel Mito, che solo a pensarci vengono i brividi. La goccia sul fatidico vaso colmo di improperi e pensieri non detti tra Don Fabio Capello e l’Aereoplanino Montella cade al termine del secondo anno di convivenza. Precisamente nell’anno dello scudetto. Il tecnico friulano ha un debole per le punte “di stazza” e si ritrova Montella voluto da Zeman. Nel primo anno Vincenzino segna 18 gol, e 20 sostituzioni. L’antipatia sta per sfociare in qualcosa di peggio. L’antifona infatti non cambia nell’anno che porterà il tricolore. Anzi, se possibile si incancrenisce con l’arrivo di Batistuta. Uno come Montella non molla e nel girone di ritorno diventa determinante soprattutto a gara in corso. A Napoli però, penultima di campionato, spera di diventare attore protagonista di una giornata storica proprio nella sua Regione di origine. Nulla da fare. Capello lo chiama in causa solo a 6 minuti dalla fine sul risultato di 2-2 che rinvia la festa alla giornata successiva. E’ la beffa finale. Montella apostrofa in malo modo l’allenatore al cospetto delle telecamere e lancia al suo indirizzo una bottiglietta di plastica. Tutte le radio non parlano di altro. Una settimana dopo, nella gara scudetto, sarà titolare. E segnerà uno dei tre gol. Resterà una profonda distanza tra i due, ma chi se ne frega in fondo. Ciò che contava era la Roma. E Capello e Montella lo sapevano bene. Così come Sensi.

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