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Il Messaggero

Mourinho, un compleanno ancora speciale

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Dove passa José, si sente la scia, a volte lascia i resti, le macerie e tutti lo rimpiangono

Redazione

Uno splendido sessantenne. Auguri, mister Mourinho. A tante di queste vittorie, anche piccole, ma sempre gratificanti, come quella leggera Conference League che ha riempito il cuore di milioni di tifosi della Roma. Il primo ad alzarla, scrive Il Messaggero, unico pure in questo. Ma è “primo”, la parola chiave della carriera di Mou. Primo, e Special, come si è definito nel lontano 2004, agli albori, ma già avevamo capito tutto di quel grigio ragazzo di Setubal, che si è fatto subito grande. Lui, speciale lo era davvero, perché aveva già reso grande un non grandissimo Porto, conducendolo alla vittoria della Uefa e della Champions. Una dopo l’altra, oltre ai trofei nazionali e gli scudetti. Dove passa José, si sente la scia, a volte lascia i resti, le macerie e tutti lo rimpiangono, vedi quando è scappato da Milano per la regale Madrid o prima ancora dal Porto al Chelsea e lì non la presero benissimo.

José è nell'Olimpo del calcio, per i tituli conseguiti, non per le sue idee innovative, sono in tanti a non magnificarlo per le doti tattiche, ma poco (gli) importa. Viene considerato un vincente, ma nessuno gli dà del maestro, del santone, alla Guardiola per intenderci. Il suo calcio è il calcio del popolo, che si gusta pane e salame e il caviale lo lascia sul piatto. Il suo non è un calcio esclusivo, ma lui riesce ad esserlo. Carismatico, arrogante, pieno di sé e dei suoi successi, José non ha mai cambiato strada, restando sempre legato alle sue regole, al suo stile. Lui è un condottiero, individua il nemico e lo combatte. Oppure inventa un nemico da sconfiggere, purdi mettere tutto sul piano dello scontro, dialettico e non solo. Ha combattuto contro colleghi, da Wenger a Ranieri, fino a Mancini, Benitez e Guardiola; ha litigato con giornalisti-opinionisti, uomini, donne. A sessanta anni non ha alcuna voglia di riposare o di cambiare, non è stanco, non si è ammorbidito: vuole continuare a vincere, per zittire i detrattori.

Mou incarna l’uomo forte, almeno sa esserlo, è allenatore e padre, a Roma sta lanciando tanti ragazzi, anzi “bambini”, con i quali ieri si è fatto fotografare al Tre Fontane per una partita della Primavera. Perché per lui conta anche l'apparenza, quello che di lui esce, il personaggio. Il divo. E il personaggio è unico nel suo genere, le sue interpretazioni sono sempre perfette e adeguate all'ambiente in cui vive. La Roma gioca male? Non fa niente, l'importante è che ci sia Mourinho. La Roma non vince? Non è certo colpa di Mou, non è mai colpa di Mou. L'Olimpico è sempre pieno? Merito di Mou. Lui è l’ovvio e la contraddizione, il tutto e il niente. Ma lo stai sempre a sentire, perché la banalità non fa parte di uno speciale. A Roma non basta Mourinho, e lui lo sa. Gli servono i giocatori forti e spinge ogni giorno per averli. La sua capacita mistica di uscire sempre vincitore lo rende simpatico, il popolo romanista lo ha eletto imperatore. «Solo con lui c'è speranza di vincere e che arrivino i grandi calciatori». Così potrà rimanere fino al compimento dei settanta anni. Restando sempre Special.