La Romapromossa in Champions non piace a nessuno, non piace a Di Francesco, non può piacere a Monchi, non piace ai tifosi. Non si può dire che cosa ne pensi JamesPallotta che ha un rapporto strano con il calcio, quello italiano poi... Fa il presidente ma avendo investito quattrini, pensando di ricavarne altri. Come scrive Tony Damascelli su "Il Giornale", non ha senso di fedeltà alla squadra, alla società, alla città, al popolo giallorosso, vive a Boston e la Roma galleggia nell’incertezza, tra un passato comunque di gloria e un futuro non meglio definito. I bersagli di queste ore, anzi di questi mesi, sono principalmente due: Monchi e Di Francesco, la strana coppia che ha allestito la squadra con una campagna acquisti, anzi cessioni, che ha creato problemi mille dai quali sembra che il tecnico non riesca a uscire.
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Roma promossa tra mille tormenti. Pallotta non ha senso di fedeltà
Domenica l’Inter decide le sorti di Di Francesco
La società non ha il peso per imporre una linea retta, il gruppo è sano ma acerbo, resta da definire il ruolo effettivo di Baldini che non è a bilancio nella Roma ma ha rapporto professionale e contabile con la società americana. Già questo è un elemento di ambiguità che non aiuta, certamente, ad affrontare i problemi. Quando Pallotta parla è perché Baldini gli ha riferito e suggerito. Delle due l’una: o Pallotta vende la Roma o si deve rendere conto che non può continuare a dirigere un club di calcio, anche quotato in borsa, con le continue voci di dentro e di fuori che si porta appresso quotidianamente. Lo stesso discorso vale per il suo braccio destro Baldini che ha un eccellente passaporto internazionale ma che non può giocare su due tavoli giallorossi. La prossima partita contro l’Inter può rappresentare il capolinea per Di Francesco, una terza sconfitta consecutiva avrebbe poche giustificazioni, al di là delle assenze per infortuni (anche in questo caso, la preparazione fisica della squadra lascia perplessi). Se parte Di Francesco parte anche Monchi. Resterebbero “gli altri” con l’urgenza di trovare immediate soluzioni: Paulo Sousa e Donadoni sono figure di margine, servirebbe un uomo di carattere forte. In giro c’è soltanto Antonio Conte e, come De Laurentiis ha fatto con Ancelotti, così dovrebbe fare Pallotta. Ma il bostoniano non è un presidente di football e della Roma e di Roma gli interessa soltanto la costruzione dello stadio.
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