rassegna stampa

Schick & Pastore i più discussi. Il 2019 può essere l’anno del rilancio

LaPresse

Il ceco e l’argentino con la palla ai piedi sono super. Ma devono crescere come autostima e condizione

Redazione

E chissà che alla fine il 2019 non sia proprio il loro anno, quello degli acquisti più discussi dell’era Monchi: Javier Pastore e Patrik Schick. Acquisti che quando sono arrivati a Roma sembravano le classiche ciliegine sulla torta e che avevano fatto sognare un po’ tutti e che invece, oggi, hanno disatteso in pieno le previsioni.

Su Schick - scrive Andrea Pugliese su "La Gazzetta dello Sport" molto probabilmente è un problema soprattutto di testa, di fiducia, di autostima. O di capacità di saper reggere alla pressione che una piazza come Roma ti mette inevitabilmente addosso. Ma la fiducia è tutta qui. Nel senso che Schick è ancora giovane, ha 22 anni, e nel suo processo di maturazione c’è anche la crescita dal punto di vista della personalità e della compattezza mentale. Se l’attaccante ceco dovesse riuscire a fare questo step, è facile che poi possa venire tutto naturalmente e quello che Schick fa in allenamento (e che viene riconosciuto spesso pubblicamente dai compagni) possa essere riproposto anche in partita.

Poi c’è Pastore. Il problema de El Flaco non è la testa, perché lui di partite e problemi ne ha già vissuti e affrontati tanti. Il problema dell’argentino, almeno per quanto visto fino ad oggi, è la condizione atletica, il ritmo partita, l’abitudine a relazionarsi con un calcio che ha maggiore intensità rispetto a quello (francese) a cui è stato abituato a giocare nelle ultime sette stagioni. Anche qui sulle qualità tecniche non si discute, quello che fa Pastore con la palla ai piedi probabilmente non lo fa nessuno nella rosa della Roma. Ed allora se anche Javier riuscirà a ritrovare un po’ di ritmo e un po’ di condizione, la Roma avrà un’opzione in più.

Due giocatori molto tecnici, bravi e belli a vedersi quando toccano la palla. Insomma, due prelibatezze dal punto di vista squisitamente tecnico. Ma entrambi con poca cattiveria agonistica, poco nerbo. E, forse, anche con un deficit di personalità. Nel senso che hanno bisogno di sentirsi importanti, al centro del progetto, coinvolti. E hanno la necessità di vivere la sensazione di essere decisivi non solo per loro, ma anche per la squadra e per i compagni.