Walter Samuel parla alla Gazzetta dello Sport della sfida di domenica fra le sue due squadre italiane, con cui ha vinto tutto quello che Roma e Inter hanno vinto negli anni Duemila. Ecco uno stralcio dell'intervsta realizzata da Andrea Elefante.
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Samuel: “Roma, quale sei? Oggi l’Inter ha qualcosa in più”
Il doppio ex, per tutti il muro, legge la sfida dell’olimpico: il "suo" icardi, DIfra-Spalletti, Manolas-Skriniar...
La sua infanzia può aver influenzato il suo carattere?
"Guardi che io sono stato Il Muto solo per voi giornalisti: non avrei mai potuto essere il cebador , quello che preparava il mate per tutti. Per noi argentini, il massimo simbolo di condivisione".
"The Wall" le piaceva?
"Esagerato, com’ero io a inizio carriera quando prendevo gol: uscivo dalla partita. Però l’odio per la palla nella tua porta esiste, chieda a Burdisso, a Materazzi, a Cordoba: diventiamo matti ancora oggi, se succede".
E così nacque il «fallo alla Samuel», intimidatorio ed entro il terzo minuto di gioco?
"Quello ve lo siete inventato voi negli ultimi anni: io ho sempre “marcato il territorio”, verso la fine della carriera forse non avevo più la stessa rapidità e magari arrivavo lungo... Però non sono mai entrato per fare solo male".
Era più facile difendere con Aldair o con Lucio?
"I primi mesi con Lucio furono duri: non giocava di reparto, ma poi ci siamo capiti ed è nata l’intesa. Di Alda ricordo che a 37 anni, a fine allenamento, si fermava a calciare per migliorare la tecnica. In una cosa erano simili: se la partita scottava, quei due non la sbagliavano mai".
Si rivede più in Manolas o in Skriniar?
"Manolas è più forte uno contro uno. Direi Skriniar: colpo di testa, lancio preciso. Forse non è la cosa che si ricorda, ma ce l’avevo anch’io".
Da ex difensore: peggio marcare Dzeko oppure Icardi?
"Tutti e due sanno nascondersi dietro il difensore sul lato opposto alla palla: era la cosa che soffrivo di più. Però diversi: Icardi vivrebbe dentro l’area, Dzeko esce molto di più, gli piace tenere la palla".
Cosa ricorda di Totti?
"Quello che mi disse Batistuta quando arrivai. “Vedrai, vinciamo lo scudetto: quello ti mette la palla dove vuole anche se è di schiena”. Aveva ragione: impressionante".
Le chiese mai nulla del Real Madrid, che ai tempi lo avrebbe voluto?
"No: gli avrei detto “Vai”. Sarebbe stata una bella “curiosità” anche per tutti quelli che amano il calcio: ma non ce l’aveva lui, quella curiosità".
Avrebbe detto che Di Francesco sarebbe diventato allenatore?
"Forse no. Però lui, Tommasi, Mangone erano i grandi saggi del gruppo: meno minuti in campo, tanto peso. Per quello scudetto hanno contato più di altri che giocavano di più".
Di Guardiola invece sì?
"Eh, lui sì. Parlava solo di Cruijff, dall’Arsenal di Wenger: il calcio per lui era “costruire per fare male”. Ha detto una grande verità: da allenatore perdi più di quanto vinci. Se perdi ti incazzi, se vinci sei già lì che pensi alla partita dopo".
Anche Spalletti parla di "calcio in avanti".
"Con l’Inter è sempre stato difficile giocare contro la sua Roma. L’ho studiato molto, soprattutto certe giocate a memoria con il trequartista".
Scudetto a Roma, Champions con l’Inter: gioie paragonabili?
"Per una cosa sì: l’adrenalina di regalare una gioia che mancava da troppo tempo".
Scudetto alla Roma: che immagine rivede?
"Io mezzo nudo, con i pantaloncini di Mangone – i miei me li avevano tolti nella prima invasione di campo – che tiro in aria la maglia e poi non la vedo più. Io che giro per Roma ed era tutto colorato di giallo e di rosso, tutto. Ero ancora un giovane coglionazzo , mi persi la festa al Circo Massimo per volare in Argentina: potessi tornare indietro, non partirei prima di una settimana".
Citiamo in ordine sparso, e ne saltiamo tanti: Riquelme, Tevez, Batistuta, Totti, Zidane, Ronaldo, Beckham, Figo, Messi, Ibrahimovic, Eto’o, Milito.
"Non mi chieda il più forte, non so fare classifiche e semmai ho vinto io: è stato un privilegio poter giocare centinaia di partite dicendomi “Se non prendiamo gol, si vince: ci pensa uno di loro”. Ed è stato un fastidio vedere gente infinitamente meno forte di loro non avere la loro stessa umiltà".
Chi l’ha messa più in difficoltà ce lo dice?
"Uno che non ha citato: Cassano. Partitella, lo chiudo sulla linea di fondo, mi dico “Ecco, adesso non ha spazio per muoversi da nessuna parte”. Con un tocco, uno solo, lui si gira e va via, da dove non l’ho mai capito: nello spogliatoio mi massacrò, gli altri ridevano, io avrei spaccato tutto".
Sempre in ordine sparso: Carlos Bianchi, Bielsa, Capello, Mancini, Mourinho, Maradona. Cosa le hanno insegnato?
"Diego la passione nel motivare. Bielsa a correggermi in dettagli tecnici che prima non guardavo neanche. Bianchi e Mourinho come si gestisce un gruppo. Capello con un solo esempio («Guarda che così Inzaghi te la ruba e neanche ti accorgi») mi ha fatto capire l’importanza di giocare la palla velocemente e mi ha lasciato un motto, dopo un brutto litigio con Panucci: squadra nervosa, squadra vittoriosa. Il Mancio è quello con cui ho discusso di più: allora aveva ancora reazioni da calciatore, e una volta gliel’ho proprio detto".
Che Roma-Inter sarà?
"La Roma fa un po’ fatica, è irregolare, a volte inspiegabile. Visto in Champions? Gran primo tempo, ha preso un colpo e si è sciolta: mi sembra un fatto mentale, più che altro. L’anno scorso mi impressionava la sua identità, ora è come se non fosse convinta fino in fondo di quello che fa e le sta mancando De Rossi: non vinci senza gente che ha vinto e in Italia è dura trovare giovani già da prima squadra a 18 anni, come fece lui. L’Inter si è consolidata: Spalletti sta trovando solidità e continuità. A Londra fino al gol ha tenuto benissimo, e guardate che il Tottenham è forte forte. Anche la Roma in casa è forte, ma io vedo ancora l’Inter almeno un passettino avanti, La Juve è lontana, per loro due lo scudetto sarà arrivare di nuovo in Champions. Però chi fa bene domenica prende coraggio, e ne vorrei vedere di più in tutte le squadre, non solo Roma e Inter. Per dare almeno un po’ più di fastidio alla Juve, dai".
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