La Lazio in stile Inter di Mourinho, quella eroica della semifinale Champions di Barcellona del 2010, non si rivela soltanto un "barrierone" di 5 uomini in difesa più altri 5 davanti a protezione del risultato: c’è qualcosa in più. Cioè la scelta mirata di Inzaghi di disseminare il campo di insidie per la Roma: guastatori di corsa e reattività come Bastos, Lulic, Milinkovic Savic e Lukaku non sono piazzati lì per caso, nelle zone calde del campo. Sono anticorpi contro le fonti di gioco giallorosse e allo stesso tempo sprinter pronti a sgommare fuori dai blocchi. Perfino Felipe Anderson si intesta la battaglia del pressing tagliandolo in diagonale, quel campo, a caccia di portatori di palla. Più scontata invece la gabbia su Dzeko di De Vrji e Wallace o la morsa di Basta e Bastos su El Shaarawy, come scrive D'Urso su La Gazzetta dello Sport.
rassegna stampa
Salah “sbloccato” tardi. Manca il supporto in fascia
Inzaghi costruisce un muro grazie a centrocampo e difesa con Immobile ed Anderson lanciati in contropiede
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Così il maturo Inzaghi, con le spalle coperte, può colpire in contropiede con Milinkovic Savic e Immobile, non a caso gli stessi marcatori dell’andata. Ma nella sfida tattica con Spalletti l’allenatore della Lazio vince anche per una ragione emersa in tutta la sua evidenza durante il match: le mancate sovrapposizioni nel primo tempo di Rüdiger a destra (che avrebbero liberato Salah di un uomo in marcatura) finiscono per limitare il potenziale offensivo della Roma. In fondo all’unica scorribanda del tedesco a destra, dopo l’1-0 biancoceleste, origina infatti il cross sfociato nel gol di El Shaarawy, complice il rinvio svirgolato di De Vrji. Nella ripresa, il tecnico giallorosso cerca di rimediare inserendo Bruno Peres. La qual cosa, almeno, ha l’effetto di riportare Salah dentro all’area di rigore, da dove l’egiziano da seconda punta vera firma pure il nuovo pari e il 3-2, esaltandosi al tiro anche in altre circostanze.
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