L’appuntamento era solenne, impossibile rinunciarvi. Pur tenendo moltissimo all’evento per il quale aveva steso un lungo e appassionato discorso, e pur conoscendo l’importanza politica che le sue parole avrebbero avuto sul popolo italiano, Benito Mussolini avrebbe volentieri cambiato programma. Anziché recarsi alle Celebrazioni della Battaglia del Grano, anche se non sarebbe stato opportuno, il Duce avrebbe desiderato essere da un’altra parte. Allo Stadio della Rondinella, per la precisione. Dove si disputava il primo derby tra la Società Sportiva Lazio e l’Associazione Sportiva Roma. E, alla faccia di chi avrebbe preteso un atteggiamento super partes, non avrebbe nascosto la sua simpatia per i neonati "giallorossi", visto che proprio il Partito Nazionale Fascista era stato il padre della nuova creatura, nell’intento di dare alla capitale una squadra forte e valorosa che potesse sfidare le grandi società del nord, scrive Andrea Schianchi su "La Gazzetta dello Sport".
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Mussolini e quella partita che non avrebbe voluto mai far giocare la prima volta
Il Duce, impegnato nella Battaglia per il Grano, non potè assistere al derby allo stadio della Rondinella, ma avrebbe preferito fondere la Lazio nella Roma per la sua propaganda
La volontà di Mussolini era quella di fondere tutti i club di Roma, quindi di inglobare anche la Lazio nella nuova società. Non vi riuscì perché si mise di traverso il generale Vaccaro, storico sostenitore laziale che, intuendo il pericolo di essere cancellato, evitò la fusione. Questa diatriba tra Lazio e Roma accese i sentimenti dei tifosi, tanto che il primo derby rischiò di essere annullato: si temevano gravi disordini che, inevitabilmente, dallo stadio si sarebbero spostati nelle strade e nelle piazze. Mussolini pretese che la partita fosse disputata e chiese il massimo impegno delle forze dell’ordine affinché la situazione fosse sotto controllo.
Domenica 8 dicembre 1929, le cronache raccontano di un freddo particolarmente pungente. In tribuna, allo Stadio della Rondinella, gli uomini si mostravano avvolti da pesanti cappotti scuri e le donne esibivano vistose pellicce. C’era tutto il bel mondo in camicia nera, seduto in attesa dell’ingresso delle squadre. L’allenatore della Lazio, Piselli, aveva raccomandato ai suoi ragazzi di tenere alto il ritmo della sfida, voleva giocarsela sul piano fisico. Quello della Roma, l’inglese Burgess, costretto a rinunciare per infortunio al giocatore di maggior talento, Fulvio Bernardini, si limitò a predisporre le marcature sugli attaccanti e sui centrocampisti avversari. A scaldare quel pomeriggio di dicembre pensò il pubblico. Lo stadio straboccava di gente: 15 mila spettatori, tutto esaurito, nonostante i prezzi dei biglietti fossero stati abilmente aumentati durante l’ultima settimana. Seduti nei posti d’onore, in prima fila, il sottosegretario Leandro Arpinati, amico del Duce che aveva promosso una profonda riforma nel calcio italiano e, soprattutto, aveva voluto il campionato «a girone unico»; e poi il ministro Bottai; il presidente della Camera Giuriati; gerarchini e gerarchetti in ordine sparso; e, perfettamente allineati e scortati dagli occhi vigili dei carabinieri, i figli di Mussolini: Edda, Vittorio e Bruno. Il Duce li aveva spediti in avanscoperta. Non potendo assistere in prima persona al derby, e volendo comunque ottenere informazioni sull’evento che non fossero filtrate dai soliti leccapiedi, pensò che i suoi figli potessero svolgere al meglio il compito.
Al padre, tornati dallo stadio, dissero che era stata una partita magnifica e che aveva vinto la Roma: 1-0. Il gol lo aveva realizzato Rodolfo Volk, un ragazzo di Fiume che faceva il centravanti e ai giornalisti ripeteva: «Io non penso, tiro». Il regime, l’anno dopo, trasformò quel cognome in «Folchi», ma tutti i tifosi giallorossi lo chiamavano «Sciabbolone» in aperto contrasto con l’appellativo «Sciaboletta» con il quale ci si riferiva al Re Vittorio Emanuele III. Il Duce si rallegrò del successo della Roma, convinto di aver puntato sul cavallo giusto quando aveva promosso l’iniziativa della fusione.
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