Nella lunga serie di punti interrogativi che la partita col Milan si portava dietro, uno, e non dei più piccoli, riguardava Daniele De Rossi. Come starà? Quanto ne avrà? Che cosa potrà dare alla Roma? Dopo lo tsunami rappresentato dal 7-1 di Firenze, l’unica certezza è che contro i rossoneri ci sarebbe stato davvero bisogno di lui, ovviamente nella sua migliore versione, scrive Massimo Cecchini su "La Gazzetta dello Sport". De Rossi c’è, e ha un peso specifico nella squadra in questo momento incommensurabile.
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De Rossi e la favola infinita di capitan presente
Col rientro in campo da titolare dopo 3 mesi, si è rivisto il 4-3-3 e una difesa più protetta. Prossima tappa: giugno 2020
Non è un caso che alla vigilia Eusebio Di Francesco aveva detto: "Vorrei che Daniele fosse il mio allenatore in campo". Lo è stato così tanto da consentirgli di tornare al suo sistema di gioco prediletto, il 4-3-3, condito dal quel giro palla e quelle verticalizzazioni rapide che negli ultimi tempi erano mancate, visto che l’ultima partita da titolare De Rossi l’aveva giocata il 28 ottobre a Napoli.
Pare superfluo sottolineare come la difesa abbia giovato del ritorno di De Rossi, tant’è che Olsen è stato davvero poco impegnato. Ma di lavoro ce n’è, visto che finora la Roma ha subito ben 13 gol in più rispetto alla scorsa stagione, e buon per la Roma che Marega del Porto si è infortunato e rischia la Champions. Per questo immaginiamo che il calvario del capitano negli ultimi mesi sia stato doppio: da un lato la squadra che sbandava, dall’altro la lesione alla cartilagine del ginocchio destro che l’aveva fatto oscillare dall’ipotesi operazione al dubbio addirittura del ritiro, come a fine partita ha rivelato lo stesso Di Francesco. Ma se il corpo darà segnali positivi, il club è pronto a dare seguito all’antica promessa di un rinnovo di contratto di un anno, cioè fino al 2020.
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