Devono rientrare dall'investimento. E soprattutto devono comunicare ai propri finanziatori date certe sui lavori. È questo il pensiero fisso dei dirigenti giallorossi, scrive Stefania Piras su Il Messaggero.
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Stadio, rottura più vicina. Ultimatum sulla Roma-Lido
Ieri Mauro Baldissoni ha avuto l'ennesimo incontro in Campidoglio. La discussione si è incagliata sulle ferrovie. Fumata nera, un'altra
Ieri Mauro Baldissoni ha avuto l'ennesimo incontro in Campidoglio. Riunione operativa? Macché. La discussione si è incagliata sulle ferrovie, in particolare sulla Roma-Lido. Con il club giallorosso che ci metterà 45 milioni di euro di oneri concessori e la Regione che ne metterà altri 180 milioni della Regione. Progetto fondamentale su cui ruota tutto: secondo la conferenza dei servizi il 50% del trasporto verso lo stadio dovrà avvenire su ferro .
Da qui le frizioni tra le parti. Con l'ultimatum finale del Comune: prima le opere, poi lo stadio. Oppure niente. La Roma è stretta, a questo punto: per far stare tranquilli gli investitori stranieri, il club dovrebbe comunicare un cronoprogramma che per ora non c'è. Troppo incerti i tempi per finanziamenti e lavori.
E Baldissoni, allora, ha provato la forzatura: ha chiesto di avviare comunque la pratica dello stadio, anche in deroga alla conferenza dei servizi. Cioè prima lo stadio, poi le opere. Secca la risposta del Comune: "Non si può. O si fa alle nostre condizioni, oppure niente". Fumata nera, un'altra. Anche se le parti torneranno a vedersi a breve: in programma altri tre incontri.
A Palazzo Senatorio sono pronti a tutto, anche alla possibilità che sia la Roma a sfilarsi, magari facendo poi causa in tribunale. La tattica del Comune è quella dello strappo soft: "Per decidere di cambiare rotta e dire no a un'opera su cui non sei più convinta c'è un modo molto capitolino e Raggi, da brava avvocato lo ha capito. Gli uffici non sono in grado di lavorare alla pratica in modo veloce e spedito. Ed è il miglior modo per ingranare la retromarcia", dice un dirigente.
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