rassegna stampa

Roma, l’identità di carta

LaPresse

Ventitrè titolari e 14 formazioni diverse: al di là del modulo la squadra si è smarrita, il gruppo è vuoto e senza personalità

Redazione

Questa non è la Roma. Che in campionato non si vede. Appare, però, la posizione in classifica, con quel 9° posto che certifica il passo indietro dopo il weekend, scrive  Ugo Trani su Il Messaggero.

La situazione diventa allarmante quando si va a misurare il distacco dalle migliori: meno 15 dalla capolista Juve e meno 9 dalle seconde Inter e Napoli. Giù dal podio, esclusa dalla zona Champions, il 4° posto è a 5 punti, e anche da quella di consolazione dell’Europa League. Fuori da tutto in serie A. Se non ci fosse il 1° posto in coppa, 6 punti nel gruppo G come il Real Madrid (è dietro per la differenza reti pure se ha vinto lo scontro diretto al Bernabeu), il raccolto giallorosso nelle 14 partite stagionali sarebbe deprimente.

I numeri inchiodano la Roma. Ce ne sono per tutti i gusti. È sufficiente ricordare che sono 9 i punti in meno nel paragone con il percorso nelle prime 11 giornate dello scorso torneo, e che Olsen già conta più del doppio dei gol (14) incassati dal suo predecessore Alisson.

Giallorossi irriconoscibili. Nel gioco e nello spirito. Perché se manca la traccia, spesso evapora pure la personalità.  I 23 titolari schierati da Di Francesco si sommano alle 14 formazioni diverse in 14 partite. Il problema non è il turnover degli interpreti da un match all’altro, ultimamente per la verità ridotto al minimo, quanto la girandola di posizioni, cambiate spesso anche in corsa. La Roma non si comporta da squadra perché, a differenza dalle altre big, non è la stessa. Ogni volta è come se si ricominciasse da capo.

L’identità non esiste, a prescindere dal sistema di gioco. E non c’è da stupirsi. Perché ogni giocatore è come se dovesse studiare il movimento del compagno. Che in una gara è a destra, in quella dopo al centro, a sinistra, in difesa, più avanti, più indietro e in mezzo.

Di Francesco, anche prima di Firenze, ha garantito che, insistendo sul 4-2-3- 1 per non disorientare il gruppo, avrebbe messo ogni interprete nel proprio ruolo per andare sul sicuro. Poi, però, ha schierato Lorenzo Pellegrini da mediano e Zaniolo, mosse inedite in questa stagione. E anche giuste, considerata la performance di entrambi. Inutili se non si dà continuità proprio alle scelte. La Roma deve essere una. Almeno nella formazione, senza alcun ripensamento. I titolari separati dai panchinari. Divide et impera. Come accade a Milano, Torino e Napoli. E anche a nord della Capitale.