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Napoli vince e Roma resta a guardare: i successi di De Laurentiis da Conte al mercato

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Perché puoi allestire tutti i bei progetti che vuoi - basti pensare a Motta e a De Rossi, gli ultimi di una lunga serie naufragati miseramente - ma se l'oggi non garantisce risultati, il futuro non esiste
Redazione

Due scudetti in tre anni. A Napoli, non a Torino o a Milano dove da sempre ci si è abituati a rimbalzarsi il tricolore, scrive Stefano Carina su Il Messaggero. Due scudetti in tre anni rappresenta qualcosa d'incredibile per una realtà del centro-sud. Non c'è riuscito Viola con la Magica Roma di Liedholm, l'hanno sfiorato sia Sensi che Cragnotti con Capello e Eriksson, lo ha realizzato invece Aurelio De Laurentiis. E prima di lui Corrado Ferlaino, sempre a Napoli (e poco importa se in 4 anni). Ma l'impresa odierna - senza togliere nulla a quella eccezionale targata Maradona 1986-87 e 1989-90 - ha un sapore ancora più speciale.

Perché incastonata in un calcio che è profondamente cambiato, strozzato dai diritti tv, da quelli d'immagine, dagli stadi di proprietà e chi più ne ha più ne metta. Ha vinto Conte, ha vinto Lukaku, ha vinto il Napoli ma ha vinto soprattutto Aurelio De Laurentiis. Sì, proprio lui, l'ultimo - insieme a Lotito e Cairo - presidente old-style del nostro calcio.

Che magari potrà risultare non simpatico (anche se in realtà chi lo conosce bene asserisce il contrario), singolare e originale ma quando si muove non è secondo a nessuno. E sapete il motivo? Perché ha capito che nel calcio le parole progetto, programmazione e futuro, lasciano il tempo che trovano. Non che non contino, non siamo così miopi da non capire ad esempio che il Napoli di oggi è gran parte eredità di quello di Spalletti. Ma il calcio è soprattutto presente, è l'adesso prima del domani. Perché puoi allestire tutti i bei progetti che vuoi - basti pensare a Motta e a De Rossi, gli ultimi di una lunga serie naufragati miseramente - ma se l'oggi non garantisce risultati, il futuro non esiste.

Nostro malgrado, la serie A non è la Premier che aspetta Ferguson e Klopp rispettivamente tre e due stagioni prima di vincere o esalta Arteta all'Arsenal come eterno piazzato. E così, dopo aver capito i suoi errori lo scorso anno, il buon Aurelio cosa ha fatto? Semplice: ha preso l'allenatore più forte in circolazione, una sorta di serial winner e gli ha dato carta bianca in estate. Conte, dal canto suo, pur non lesinando lamentele che fanno da corollario al personaggio ha chiesto così tre calciatori: Buongiorno, McTominay e Lukaku. Uno per reparto. Ed è stato accontentato. Non con calciatori "simili per caratteristiche" o con "prospetti futuribili" oppure con "elementi che li ricordassero ma avessero degli ingaggi sostenibili" ma proprio con Buongiorno, McTominay e Lukaku, i tre giocatori chiesti espressamente. Spesa? Poco meno di 100 milioni con tanti zeri anche alla voce ingaggi. Più o meno quanto la Roma nell'ultima stagione, considerando anche gennaio, ha investito per comprare Le Fée, Soulé, Abdulhamid, Dahl, Dovbyk, Koné, Salah-Eddine, Gourna-Douath, Gollini e Sangaré (non dimenticando i parametri zero Hermoso, Hummels e Ryan). Ora a vincere è sempre e soltanto uno ma anche non ci fosse riuscito, il Napoli sarebbe arrivato secondo e avrebbe partecipato alla Champions per la settima volta negli ultimi dieci anni. E se vincere aiuta a vincere, incassare gli introiti della Champions (che alla Roma mancano da 6 stagioni e la Lazio è riuscita a goderne soltanto una volta nelle ultime 10) aiuta ad investire, a tenere i conti in ordine senza dover ricorrere a Settlement agreement vari e, se amate tanto il termine e non potete farne a meno, a programmare.