(Il Messaggero - V.Della Seta) - «Ci sono rimasto malissimo», risponde Giorgio Montefoschi quando gli domandiamo se si aspettava che Zeman tornasse ad allenare la Lazio. Montefoschi, scrittore e critico letterario che ha vinto il Premio Strega nel 1994 con “La casa del padre”, nei romanzi racconta storie di amori e nostalgie ambientate in una sonnolenta Roma dei quartieri alti, ma nella vita è un tifoso vero, accanito, e va allo stadio da tutta la vita.
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Montefoschi: «Il boemo è grande noi laziali lo rimpiangiamo»
(Il Messaggero – V.Della Seta) – «Ci sono rimasto malissimo», risponde Giorgio Montefoschi quando gli domandiamo se si aspettava che Zeman tornasse ad allenare la Lazio.
Zeman ha allenato la Lazio dal 1994 al 1997, ottenendo dei buoni risultati e lanciando giocatori importanti come Alessandro Nesta e Pavel Nedved. Secondo lei perché i tifosi laziali non lo hanno mai rivendicato (come invece hanno fatto i romanisti) come loro simbolo?
«Parlando per me, lo rivendico eccome. Zeman mi piace moltissimo, è onesto, simpatico. Quando è andato via Reja ho sperato con tutte le mie forze che tornasse ad allenare la Lazio. Mi piace perché è un allenatore che valorizza i giovani: un conto è arrivare quarti o quinti in classifica con dei giocatori vecchi, ma arrivarci con dei giovani è tutta un’altra cosa. Con Reja questo non è successo, con Zeman l’avremmo potuto fare».
Zeman è l’allenatore ideale?
«Ha anche lui dei difetti e non so se sia riuscito a risolverli. Con il suo gioco d’attacco lascia troppo scoperta la difesa. Mi ricordo una partita contro una squadra spagnola, a Tenerife. La Lazio fece tre gol, ma ne prese cinque. Certo mi sembra che con il Pescara sia un po’ migliorato, staremo a vedere».
Parliamo dei pregi.
«Zeman, oltre a essere un bravo allenatore e un cultore del bel gioco, è un grande personaggio. Basta pensare alle sue risposte secche e imprevedibili, ai lunghi silenzi, alla sua fisicità scenica. Anche guardarlo in panchina è affascinante: non si scompone mai e sembra che sappia già tutto. A questo proposito mi viene in mente un bel romanzo ispirato da Zeman, Il mister di Manlio Cancogni (Fazi, 2000)».
Il calcio si può raccontare quindi, esiste un libro che racconti bene il calcio?
«Quello che ho citato è un libro ben riuscito perché è un libro su un personaggio. Il calcio, come sport, non è raccontabile. O meglio, si può raccontare solo usando il linguaggio calcistico e quelli che cercando di farlo usando la letteratura falliscono».
Manca poco all’inizio del campionato. In che stato d’animo lo aspetta?
«Posso dirlo? Noi siamo nella disperazione più totale, siamo nelle mani di Lotito che ci ha deluso in tutte le maniere. Invece di Zeman ha preso Petkovic, un allenatore sconosciuto, esonerato perfino in Turchia. Lotito non vuole spendere una lira, prima ci ha promesso il giapponese Honda, poi Balzaretti, che è andato anche lui alla Roma perché il presidente è stato troppo a tirare sul prezzo. Lotito promette e non mantiene mai, facendo imbestialire noi tifosi. D’altra parte il calcio è uno sport nel quale non si può barare, se metti in piedi male la squadra cosa ti puoi aspettare?»
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