Mazinga, Goldrake e Jeeg Robot lo avevano anticipato di qualche anno, colorando le fantasie dei bambini della Generazione X. Ma i nati tra il ‘65 e l’80 tifosi della Roma, il 10 agosto del 1980 conobbero un ragazzo brasiliano di Xanxeré con i riccioli biondi, la fronte spaziosa e lo sguardo puntato ben oltre l’orizzonte, destinato a sedersi nel pantheon dei supereroi. Quel ragazzo, Paulo Roberto Falcao, oggi compie 70 anni. Nei suoi cinque anni di permanenza nella Capitale Falcao - racconta Romolo Buffoni su 'Il Messaggero' - scrisse il vecchio testamento del club di Trigoria prendendolo per mano e portandolo a conquistare lo scudetto del 1983. Tricolore vinto superando la Juve, in un duello che infiammò quegli anni di boom calcistico italiano.
Il Messaggero
Falcao, i 70 anni dell’artista del calcio che esaltò la Roma dei campioni
Falcao e quella squadra gigantesca formata da Di Bartolomei, Conti, Pruzzo, Tancredi, Nela, Maldera, in un pomeriggio di maggio allo stadio Marassi di Genova portarono dopo 4 anni di attesa i romanisti ad essere liberati “dalla schiavitù del sogno” come disse Viola, che a Roma lo portò seguendo il suggerimento dell'allenatore Nils Liedholm. Niente dribbling ubriacanti e colpi di tacco fatui: le “lame rotanti” e il “doppio maglio perforante” di Falcao erano il gioco a testa alta, con tocchi di prima, e il movimento senza palla. La sua corazza era la maglia numero 5.
La Roma di Falcao (e di Liedholm) arrivò a un passo dal primo gradino del podio continentale, disputando la finale di Coppa dei Campioni all'Olimpico contro il Liverpool e perdendola però ai calci di rigore. In quella notte del 30 maggio del 1984 i mostri di Vega ebbero la meglio sul Divino, che non si presentò sul dischetto. I tifosi, tramortiti dall’atroce delusione, gridarono all'alto tradimento. Qualcuno dimenticò o, meglio, mise nel conto il fatto che Falcao non era mai stato fra i rigoristi di quella squadra che, senza di lui, mai sarebbe giunta ai confini della stratosfera. Per qualcun altro, invece, l’amore si raffreddò irrimediabilmente. Ci pensò un ginocchio malconcio nella stagione successiva a rendere velocissimo e ancora più amaro l’addio: Paulo Roberto Falcao nell'estate del 1985 risalì sulla sua navicella spaziale e tornò sul suo pianeta, il Brasile.
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