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Bruno Conti: “Mancini creerà una bella Nazionale. Il mondiale ’82 fu un riscatto”

bruno conti
Le parole della leggenda giallorossa: "Riconosco come “padri” calcistici lui e Liedholm. Bearzot era una persona perbene, curava l'aspetto umano prima che quello tecnico. Se il nostro è stato un gruppo: è per lui"

Redazione

Bruno Conti ha ricordato sulle colonne de Il Messaggero la spedizione che ha portato al trionfo nel mondiale del 1982. Queste le sue parole:

Quarant'anni. oggi. “Il gol al Peru. di destro? Una rarità».

Lì comincia il Mondiale dell'Italia. "Invece arriva un 1-1 dopo il pari con la Polonia. E poi ancora col Camerun. Le critiche erano feroci. Ci aspettavano in Italia e non sarebbe stato un bei rientro...".

Quel gol lì però è stato significativo per lei. "Sotto l'incrocio, con un piede che a stento utilizzo per camminare. Finta su Velasquez e via. Ero pieno di gioia, corsi sotto la curva Sud dello Stadio di Vigo, dove cerano i tifosi italiani. Mi sembrava la chiusura di un cerchio, ma fu solo l’inizio".

Il Mondiale ‘82 ancora oggi si compre di significati particolari. "Le premesse non erano buone. Era pronta una gogna mediatica nei confronti di Enzo Bearzot perché lasciò a casa Pruzzo".

E convocò Paolo Rossi, reduce dai calcioscommesse. "Il ct credeva molto in Paolo e i fatti gli hanno dato ragione".

All’inizio un’agonia? "Nel primo turno, i tre pareggi hanno alimentato ancor di più le polemiche. Ma eravamo una bella squadra, ognuno con la propria personalità e il proprio carattere, sapemmo reagire, superando le malignità".

Dall'Argentina in poi è stata un'altra Italia? "Si è sbloccato Paolo, che era sotto l'occhio del ciclone".

Ricordiamo anche la storia sulla presunta “relazione” tra lui e Cabrini. "Balle. Bearzot perse la testa. Per noi era quasi un gioco, ci ridevamo. Per il ct era come se qualcosa avesse rotto gli equilibri famigliari".

Bearzot era un padre per voi. "Riconosco come “padri” calcistici lui e Liedholm. Bearzot era una persona perbene, curava l'aspetto umano prima che quello tecnico. Se il nostro è stato un gruppo: è per lui".

Tardelli ha detto che ce lo siamo dimenticati in fretta. "Marco ha ragione, negli anni si è spesso parlato di noi, ma l'importanza di Bearzot è stata dimenticata presto. E vi assicuro che quel Mondiale porta il suo nome. Era un condottiero: dietro quella corteccia da burbero, si nascondeva un uomo tenero".

E' stata la vittoria del Paese, giusto? "Ci siamo sentiti eroi. Venivamo dal terrorismo, delle crisi politiche. Quel successo ci ha fatto rialzare la testa, ci ha regalato un futuro. La gente nelle piazze per giorni, c'era voglia di riscatto. Riscatto sociale. Le vittorie con Argentina e Brasile ci hanno dato credibilità, la gente si è appassionata".

L'immagine del Mondiale, oltre all'urlo di Tardelli, qual è? "Quando un mostro sacro come Pele disse che ero stato l'uomo del Mondiale. Proprio io, che arrivavo da un piccolo centro come Nettuno e mi sono ritrovato an cima al mondo. Pensavo ai sacrifici di mio padre, che ha cresciuto con pochi soldi una famiglia numerosa. La vita toglie e poi ti dà".

Ora tocca a Mancini. "Sì, dobbiamo ricostruire. Roberto creerà una bella Nazionale. che magari entrerà nella storia, come quelle del passato".