(Tuttosport - S.Carina) - Sorprendentemente simpatico, a dispetto dell'immagine algida che dà in campo. Maarten Stekelenburg si racconta in questa intervista a Tuttosport, la prima vis-a-vis in Italia. Il tutto condito da una buona dose di humor.
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Stekelenburg: “Luis Enrique? Sì, io mi fido”
(Tuttosport – S.Carina) – Sorprendentemente simpatico, a dispetto dell’immagine algida che dà in campo. Maarten Stekelenburg si racconta in questa intervista a Tuttosport, la prima vis-a-vis in Italia. Il tutto condito da una...
A proposito di condimenti, Maarten, è vero che da giovane il suo sogno era quello di diventare cuoco?«Non è proprio così. E' vero che ho studiato in una scuola alberghiera e mentre lo facevo, giocavo anche a calcio. Alla fine, quando ho dovuto scegliere, ho optato per la carriera di calciatore. Penso di aver fatto bene ma chissà... Non ho rimpianti»
Due piatti tipici olandesi?«Lo Zuuekool e il boerenkool: la prima è una ricetta con le patate, la seconda con le verdure. E un wurstel particolare. Ma detto tra noi, amo la cucina italiana: sono ghiotto di pasta».
Per rimanere in cucina: si ricorda il 'cucchiaio' di Totti a Van der Sar?«Ogni olandese lo ricorda. Non ci crederete ma ne parlavo proprio un paio di giorni fa con Francesco e Tancredi».
A lei glielo ha mai fatto in allenamento, er cucchiaio? «Con me non si azzarda, ma lo ha fatto a Lobont. Scrivetelo, vi faccio anche lo spelling: L-o-b-o-n-t, Lobont».
La stiamo intervistando in inglese ma lei parla l'italiano? «Lo capisco ma è difficile parlarlo. In campo? Mi faccio capire: le parole chiave le conoscevo già».
E' vero che prima di approdare alla Roma, poteva finire alla Juventus? «A marzo mi hanno riferito di questa ipotesi quando si pensava che Buffon potesse andar via. Ma come vedete, è rimasta un'ipotesi, ho letto però».
Riguardo Buffon: è ancora il miglior portiere del mondo?«E' certamente un grandissimo, ma stilare classifiche è difficile. So che è reduce da un lungo infortunio. Anche a me è capitato di rimanere fermo per tanto tempo e non è facile tornare agli stessi livelli, soprattutto per un portiere. A differenza di altri calciatori non possiamo essere impiegati part-time. Per noi vige la regola: dentro o fuori».
Lei è stato costretto a rimanere fermo per oltre un mese dopo il calcio in testa ricevuto da Lucio. Il brasiliano l'ha chiamata?«No, non si è fatto sentire. Del calcio non ricordo nulla. Rivedendo in televisione l'azione, sembra però essere uno di quei falli di gioco che ci possono stare».
Lo sa che lei come olandese ha il compito di far dimenticare la parentesi poco felice di Van der Sar in Italia? «Non sono d'accordo che quella di Edwin sia stata una parentesi negativa. Il primo anno ha contribuito a rendere la difesa della Juve la meno battuta. E' vero, però, che poi al Manchester ha avuto la sua consacrazione».
Perchè ha scelto la Roma?«Volevo fare un'esperienza all'estero e il progetto mi intriga: ero pronto a partire, è arrivata la Roma».
Ma lei non ha lasciato l'Ajax perché voleva disputare le coppe europee e la Champions in particolare? «E' stata una scelta che va al di là della possibilità di giocare quest'anno in Europa. Tra l'altro la Roma negli ultimi dieci anni è stata sempre protagonista in Champions. Può capitare per una stagione di rimanere fuori anche se parlarne ora è assolutamente prematuro: non molliamo dopo 13 turni».
Un aggettivo per Luis Enrique? «Passionale. Lo è negli allenamenti, nelle gare, in tutto quello che fa. Dovreste vedere il modo in cui cura il lavoro che svolge e il rapporto che ha creato con la squadra. Veniamo da due sconfitte ma a Firenze, nonostante fossimo in 10, per gran parte della gara abbiamo giocato bene. Ad un certo punto, ad esempio, abbiamo ottenuto 5-6 corner di seguito».
I calci d'angolo che invece concedete sono quasi sempre palle-gol per gli avversari... «Sui corner abbiamo cambiato modo di difendere dalla gara contro il Milan. Prima lo facevamo con due uomini posizionati davanti alla porta. Ora, invece, abbiamo abbassato tutta la linea difensiva. In ogni caso io nel gioco di Luis Enrique credo e scommetto sul progetto.».
Sarà, ma intanto domenica è arrivato il gol di Gamberini. E poi non le sembra che la Roma subisca troppo per quanto produce?«I gol che prendiamo non dipendono dal modulo tattico o dall'atteggiamento che abbiamo in campo ma sono frutto di errori. Dobbiamo correggerli».
Che ne pensa della lite fra Osvaldo e Lamela?«Nella mia carriera ho visto cose simili. Una volta all'Ajax, Suarez ha litigato con un compagno rientrando negli spogliatoi e il tecnico ha deciso di non farli tornare in campo».
Ma anche in quel caso il club ha poi reso noto l'accaduto? «Perché la Roma lo ha fatto? (ride). Non leggo i giornali».
Lei lo avrebbe perdonato? «Lamela lo ha già fatto».
Non ci siamo capiti: lei come tecnico lo avrebbe perdonato?«Ehi, ma siamo in una stazione di polizia? (sorride). Dai ragazzi, è una cosa passata. Andiamo avanti».
Lunedì arriva la Juventus «Partita molto difficile. Non so se in un momento come quello che stiamo vivendo sia l'avversario migliore. E' chiaro che qualora dovessimo vincere ci rilanceremmo ma affrontiamo una squadra imbattuta e non è un caso, avendo calciatori del calibro di Pirlo, Elia...(ride)»
Elia? «Battute a parte, è un grande calciatore. Quello che ha fatto ai Mondiali lo hanno visto tutti. Non ho avuto modo di parlarci ma mi sorprende che non giochi. Anche se quando un tecnico vince è sempre difficile cambiare».
Parlava prima dei Mondiali: a giugno invece ci sono gli Europei dove l'Olanda è nel girone della Germania di Klose che le ha segnato sia al derby che nella gara di qualificazione. E' la sua bestia nera?«Avete detto bene: mi ha segnato tre gol. Ora basta. Una cosa è certa: quel girone nessuno lo passerà con la pipa in bocca...»
Nel salutarla, ci racconta cosa è realmente accaduto quando lo scorso anno le è caduto il piatto simbolo dello scudetto dell'Eredivisie? «Non è stata solo colpa mia, dovreste chiedere a Verthongen cosa è successo (ride). In Italia sono tranquillo: quando vinceremo lo scudetto, quello sarà cucito sulla maglia».
A proposito: ma Verthongen è pronto per il calcio italiano?«Può giocare ovunque: in Spagna, Inghilterra, Italia. Mi piacerebbe vederlo nella Roma».
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