(Il Messaggero - R. Renga) - Si sta definendo il trasferimento della Roma allo zio d’America: avvenimento importante, a livello sportivo e sociale. Dovremmo ascoltare violini e assistere al volo di rondini.
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Soffiate e pettegolezzi stanno rovinando la Roma
(Il Messaggero – R. Renga) – Si sta definendo il trasferimento della Roma allo zio d’America: avvenimento importante, a livello sportivo e sociale. Dovremmo ascoltare violini e assistere al volo di rondini.
Succede invece che la Roma squadra, negli stessi giorni, saluti tristemente uno dei tre obiettivi stagionali: il campionato. Gli altri, Champions e Coppa Italia, sono ancora a portata di piede. Contro il Brescia tutto o quasi tutto male. A Milano un primo tempo scioccante per personalità, agonismo, qualità tecnica e poi l’evaporazione: i gol segnati nella ripresa, da una parte e dall’altra, sono frutto di rassegnazione, errori difensivi, disguidi tattici. Capita dunque che una squadra si perda nel bosco e si metta a piangere, chiedendo aiuto. E proprio quando dovrebbe sentirsi corazzata, felice, sicura di sé e del futuro. Tutto ha una spiegazione, figuriamoci la crisi psicologica vissuta e avvertita a Trigoria.
Il fatto, secondo noi e non solo, è questo: il passaggio del testimone è accompagnato da troppe soffiate, voci, maldicenze e pettegolezzi perché possa risultare indolore. Si dice che quasi tutti i tecnici verranno allontanati. Che solo uno resterà in sella e avrà potere decisionale. Che i giocatori rischiano il posto. Che arriveranno, anziché campioni alla Fabregas (sogno dei tifosi) giovani di incerto futuro. Che verrà smantellato il fiore all’occhiello romanista: il vivaio. Le conseguenze sono evidenti: un malessere che si registra tra le scrivanie e in campo.
E’ chiara una cosa: se i media riferiscono, c’è chi fornisce materiale. E’ successo in passato, succede adesso. Non sta a noi cercarlo e scrivere nome e cognome del loquace signore. Veda la Roma che cosa si può fare. Ora c’è del nuovo: spifferi arrivano anche dai corrispondenti italiani del Paperone di Boston. E’ una gara a chi ne racconta o ne dice di più. Nel primo caso (l’ugola interna) si possono registrare interessi personali. Nel secondo un naturale desiderio di popolarità. Le conseguenze del cicaleccio le paga la Roma di oggi e quella di domani. La Sensi ha il diritto di lasciare in bellezza, Di Benedetto il diritto di entrare in bellezza. Non si tratta di difendere i tecnici attuali e di criticare quelli che, eventualmente, dovrebbero arrivare.
I primi hanno acquisito meriti tali, navigando nella tempesta economica, che sottolinearne i pregi rappresenterebbe un esercizio superfluo. I secondi sono altrettanto stimabili. Qui si vuole solo disegnare il quadro attuale e mettere sull’avviso gli acquirenti: attenzione, il gioco è pesante e pericoloso. Naufragare per meschini interessi di parte sarebbe delittuoso. La Roma, va difesa contro i poteri forti e contro le piccole beghe di cortile. Il calcio è una bella e ricca vetrina e sono molti quelli che vorrebbero piazzarsi in prima fila, con sotto un’etichetta: compratemi. Non utilizzino, però, colori gialli e rossi.
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