(Il Messaggero-R.Dimito)Potrebbe al limite slittare al giorno dopo, ma solo nel caso di improbabili ritardi nel contratto. Il direttore operativo di Unicredit, che segue in prima persona il dossier, assieme al capo del corporate Piergiorgio Peluso,
rassegna stampa roma
Roma, lunedì la firma
(Il Messaggero-R.Dimito) Potrebbe al limite slittare al giorno dopo, ma solo nel caso di improbabili ritardi nel contratto. Il direttore operativo di Unicredit, che segue in prima persona il dossier, assieme al capo del corporate Piergiorgio Peluso,
ed è l’artefice di un’operazione complessa e delicata, nelle ultime ore ha definito con DiBenedetto i tempi. Per questo il presidente del gruppo di Boston che fa investimenti nello sport e nell’immobiliare, socio dei Boston Red Sox, una delle principali squadre di baseball americane, con un giro d’affari di 110 milioni, sarebbe atteso nella capitale per il week end assieme ai legali americani che affiancano lo studio romano Tonucci. Non dovrebbero atterrare gli altri partner della cordata.
I prossimi giorni quindi saranno particolarmente caldi per i legali delle parti (lo studio Grimaldi e associati, Carbonetti e Lovells assistono i venditori), alle prese ormai con la stesura finale del contratto di compravendita fra Italpetroli, via Roma 2000, partecipata al 51% dalla famiglia Sensi e al 49% da Unicredit e degli accordi parasociali fra gli americani e piazza Cordusio. Ed è probabile che domenica 3 aprile, nel match notturno fra la Roma e la Juventus che potrebbe consentire ai giallorossi di rientrare a pieno titolo nell’area Champions League, DiBenedetto sia in tribuna: la permanenza nella ex Coppa dei Campioni per cinque anni rappresenta l’obiettivo prioritario del piano industriale degli acquirenti. DiBenedetto comunque potrebbe assistere al match coi bianconeri solo in veste di presidente in pectore: per la formalizzazione dell’incarico sarà necessario convocare un’assemblea della società calcistica, probabilmente per la fine di aprile, primi di maggio, il tempo necessario anche per ottenere il via libera dell’Antitrust.
Inizialmente DiBenedetto e i compagni di cordata (Michael Ruane, Richard D’Amore, James Pallotta) e Unicredit realizzeranno l’acquisizione con quote rispettivamente del 60% e del 40%. Con questo rapporto di forze verrà rilevato il 67% del club, si pagherà la sostituzione di As Roma come utilizzatore nel contratto di leasing sul Centro sportivo di Trigoria intestato a Italease e sarà acquistato il marchio dalla Brand management per 77 milioni, di cui 64-67 milioni per la maggioranza della squadra. Poi c’è da lanciare l’opa sul 33% della società calcistica quotata in borsa, quindi sono previste due ricapitalizzazioni da complessivi 80 milioni da eseguire in tre anni: la prima tranche da 40-50 milioni dovrebbe essere versata subito dopo l’ingresso nel capitale.
La spesa complessiva di americani e Unicredit si aggira sui 190 milioni, di cui 114 milioni a carico di Di Benedetto & c e 76 milioni di Unicredit. Questo lo schema dell’offerta presentata dagli americani in base alla quale hanno ottenuto un’esclusiva prorogata fino a mercoledì 30. Ma Unicredit è riuscito a convincere DiBenedetto a chiudere l’operazione prima del termine massimo. Restano ancora aperti alcuni punti del contratto e degli accordi parasociali. Come il prezzo della As Roma dal quale dipende il valore dell’opa che obbligatoriamente dovrà essere lanciata per assicurare anche ai piccoli azionisti lo stesso trattamento riservato ai soci principali. Il valore definito rispetto al range fra 64-67 milioni da attribuire al club è legato al prezzo che verrà concordato fra le parti in relazione alle valutazioni di Trigoria e del marchio.
Ma forse uno dei punti più spinosi sarebbe rappresentato dalla governance fra americani e piazza Cordusio. La banca sarà azionista col 40% ma avrà il diritto di sindacare, cioè girare il 35% ad altri soci italiani purchè ci sia il gradimento di DiBenedetto. E questo gradimento va messo in relazione col piano di sviluppo a 3-5 anni che i nuovi padroni vogliono sviluppare. Come garanzia, comunque, Unicredit vuole la cosiddetta way out, cioè il meccanismo con cui è disciplinato il disinvestimento dalla società calcistica. Si tratta di definire modalità (tempi e prezzi) fisse che a scanso di equivoci, consentano a piazza Cordusio di uscire dal capitale, visto che nel 2016 può considerarsi conclusa la missione di traghettamento del club. Ma si tratta di ultimi dettagli sui quali sicuramente Fiorentino e DiBenedetto a quattr’occhi troveranno la quadra.
© RIPRODUZIONE RISERVATA