(Il Messaggero) - «Sì, in tre gare ci giochiamo molto». Non tutto, ma poco ci manca. Vincenzo Montella accetta la sfida, quasi sicuramente decisiva pure per lui. La Roma è di fronte al nuovo e, forse, ultimo, snodo stagionale e l’Aeroplanino, solo dal 21 febbraio planato sulla panchina giallorossa,
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“Voglio il massimo”
(Il Messaggero) – «Sì, in tre gare ci giochiamo molto». Non tutto, ma poco ci manca. Vincenzo Montella accetta la sfida, quasi sicuramente decisiva pure per lui. La Roma è di fronte al nuovo e, forse, ultimo, snodo stagionale e...
sa quanto possono incidere sul futuro le tre partite in 10 giorni: stasera a Lecce, nell’anticipo di campionato, martedì a Donetsk contro lo Shakhtar per il ritorno degli ottavi di Champions e domenica 13 marzo il derby. «Ci sarebbero, anche dopo, margini per recuperare posizioni in questo torneo. In coppa, invece, no. Ma è bene concentrarsi su una partita alla volta. Se guardiamo a lungo termine ci aspettani gare importanti, ma al tempo stesso anche stimolanti per giocatori, allenatore e ambiente». La prima tappa nel Salento e contro «il Lecce che è squadra organizzata come il Bologna e da studiare bene». Ma Montella è convinto che la sua Roma, nonostante il gruppo di De Canio qui abbia pareggiato contro il Milan e l’Inter e battuto la Juve, abbia qualcosa in più della rivale di serata. «E’ battibile: vogliamo vincere». Senza distrarsi con lo Shakhtar e quindi senza risparmiare titolari in vista della trasferta in Ucraina (solo Totti è assente, squalificato come Rosi): «Questa resta una gara chiave per noi. E’ vero che viene prima dell’incontro di Champions in cui ci giocheremo la qualificazione, ma tra le due ci saranno quattro giorni per riposare e le mie scelte così saranno esclusivamente pensando al Lecce». Insiste e fa bene. Puntando, come ripete dal giorno del suo insediamento, sui migliori: «In campo vanno i più affidabili, ora c’è bisogno di quelli, a prescindere dall’età, dalla simpatia o dalla valutazione tecnica. Ci servono certezze». Il riferimento è al recuperato Perrotta. E a Pizarro che «ha ancora un po’ di fastidio». Test stamattina: se non ce la fa, entra Brighi. Pur ringaziando il gruppo per la disponibilità, invia un avvertimento a chi ha spazio in corsa, cioè partendo dalla panchina. Simplicio, Menez e lo stesso Borriello hanno deluso nella ripresa della gara di domenica con il Parma. Sarà titolare solo il primo e perché non c’è Totti. «Sono giocatori importanti: quelli subentrati all’Olimpico, così come quelli di Bologna. Gente di primo livello. Quindi, tecnicamente e anche mentalmente, mi aspetto qualcosa in più da loro. Perché i cambi possono decidere la partita. Ormai nel calcio contano molto i numeri, le gare si vincono negli ultimi quindici minuti. A volte non si entra in partita. Non per mancanza di voglia ma perché non si riesce a dare il massimo. Ci può stare. Una volta, però. Due no. Io guardo, analizzo tutto e cerco di trarre le mie conclusioni». E basta giustificazioni. Non serve parlare di gruppo con la lingua di fuori o di questione psicologica: «Finiamola, si è discusso anche troppo di condizione fisica, mentale e altro. Devo valutare la squadra da quando sono arrivato io. Vedo ottimi segnali: lo spirito giusto e la voglia di rivalsa. Non voglio assolutamente che diventi un alibi il discorso della scarsa preparazione. Il mio compito è di capire la situazione e di intervenire per risolvere il problema». Su Mourinho che entra nel ballo dei candidati per la Roma che verrà. «Non mi turbano le voci di possibili allenatori. E di nomi ne ho sentiti ancora pochi. Poi la storia del portoghese parla da sola: un grande tecnico». Tra i 22 convocati, tre giovani. E’ il nuovo corso. Domenica scorsa Federico Viviani. Qui, con il slito Stefano Pettinari, Alessandro Florenzi, capitano della Primavera (festeggerà i 19 anni venerdì) e vice Pizarro (Greco bocciato in quel ruolo: «Per me ha altre carattertistiche»), e Gianluca Caprari, centravanti (sarà maggiorenne a fine luglio) e famoso per essere stato il raccattapalle contestato da Zamparini che voleva far ricorso dopo Roma-Palermo 1-0 del 26 gennaio 2008 (all’epoca quattordicenne, si sbrigò a far battere il corner a Tadei per il gol decisivo di Mancini).
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