(Corriere dello Sport - G.Marcotti) - L’ultima società a capitolare è stato il Blackburn Rovers. Lo scorso novembre, quando il Venky’s Group ( colosso dell'allevamento di pollame) è diventato il primo proprietario indiano di un club della Premier League.
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Premier, l’oro degli americani
(Corriere dello Sport – G.Marcotti) – L’ultima società a capitolare è stato il Blackburn Rovers. Lo scorso novembre, quando il Venky’s Group ( colosso dell’allevamento di pollame) è diventato il primo proprietario...
Costo dell’operazione, 55 mlioni di euro più tutti i debiti della società coperti. Un momento storico per il football d’Oltremanica, perché per la prima volta della massima divisione inglese il 50% dei club era in mano a stranieri. Dieci su venti. LE
STRATEGIE - Tycoon provenienti da ogni angolo del pianeta a conferma della vocazione cosmopolita e globalizzata della Premier. Milionari di Hong Kong, come Carson Yeung (Birmingham City), o russi ( Roman Abramovich, Chelsea), o egiziani Mohamed Al- Fayed ( Fulham), arabi ( lo sceicco Mansour, Manchester City). Ma soprattutto statunitensi, presenti nei consigli direttivi di almeno cinque club. Con posizioni di maggioranza, o non, ma comunque sempre influenti, decisivi nelle scelte. Anche quando, come nel caso dell’Arsenal, il club londinese è nelle mani della Arsenal Holdings plc. L’azionista di maggioranza è però l’investitore a stelle e strisce Stan Kroenke, che controlla il 29,9% del pacchetto azionario. Dietro di lui il russo Alisher Usmanov con il 26%. Anche il Sunderland parla statunitense perché Ellis Short, imprenditore a stelle e strisce, era uno degli otto azionisti del consorzio che ha rilevato il club qualche anno fa, nominando l’ex Niall Quinn presidente del club. Dall’alto di un patrimonio di tre miliardi di euro, nel 2010 Short ha liquidato gli altri soci diventando l’unico proprietario del club.
GLI INVESTIMENTI - C’è poi Randy Lerner, che possiede l'Aston Villa. Ma il club di Birmingham, come spesso accade con i milionari statunitensi, non è l'unica società sportiva in mano a Lerner: nel suo portfolio c’è anche la franchigia di NFL Cleveland Browns (acquistato nel 2006). Se il Liverpool ha addirittura infilato due proprietà statunitensi di fila - prima la controversa coppia formata da Hicks e Gil-lett, ora la New England Sports Ventures di John W. Henry, e proprietaria della squadra di baseball Boston Red Sox - la transizione oltreoceano del Manchester United è stata decisamente più problematica. Ci aveva provato qualche anno prima l’australiano Rupert Murdoch, ma di fronte alle veementi proteste del popolo dell’Old Trafford aveva preferito desistere. Si è dimostrata decisamente più ostinata la famiglia Glazer, già proprietaria della franchigia di NFL Tampa Bay Buccaneers. Non appena la scalata a stelle e strisce si è compiuta, nell’autunno 2005, è esplosa la fronda anti Glazer. Una diffidenza pregiudiziale che ha creato non poche tensioni tra tifosi e società, caso piuttosto raro sui campi inglesi. La protesta ha assunto i colori gialloverde, quelli delle origini dello United, un modo per richiamarsi all’identità più pura del club. Ogni partita all’Old Trafford non mancano cori contro la proprietà, anche se le bandiere anti-Glazer ora sono bandite dagli spalti. Alla famiglia statunitense, al di là del rialzo dei prezzi, viene rimproverato il montedebiti della società. In pratica per acquistare ( 600 milioni circa) il club i Glazer avevano ottenuto un prestito enorme, che poi era stato immediatamente riversato nei conti della società. Così negli anni a seguire lo United si è visto costretto a cedere persino Cristiano Ronaldo per far fronte agli interessi sui debiti. Negli ultimi 12 mesi la situazione economica è migliorata, ma non i rapporti con il popolo dei Red Devils. E ancora di recente, una volta di più, sono nuovamente circolate voci di cessione. Questa volta però ad un consorzio di Dubai.
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