rassegna stampa roma

Pizarro, domani la sua partita

(Il Romanista – D.Giannini) – Sarà la sua partita perché è un ritorno al passato, perché c’è la sfida in famiglia coi cileni, perché deve riscattare l’ultima opaca prestazione, perché ora, nel momento di difficoltà, deve...

Redazione

(Il Romanista - D.Giannini) - Sarà la sua partita perché è un ritorno al passato, perché c’è la sfida in famiglia coi cileni, perché deve riscattare l’ultima opaca prestazione, perché ora, nel momento di difficoltà, deve essere anche lui a prendere per mano questa Roma all’ultima spiaggia.

Domani al Friuli David Pizarro sarà uno degli osservati speciali, anzi forse il più osservato. Sicuramente avrà una voglia particolare di fare bene. Anche meglio del solito, per far vedere al mondo che, sì Sanchez è forte, Isla pure, ma la bandiera del Cile in Italia è ancora lui, il piccoletto che quasi 12 anni fa arrivò nel nostro Paese da perfetto sconosciuto. Una delle tante scommesse dell’Udinese che va in giro del mondo a caccia di talenti. Lui lo era, eppure ci mise pure un po’ a farsi notare. Nella prima stagione (1999-2000) collezionò appena 5 presenze e nessun gol. In quella successiva appena 4 da settembre a dicembre. Poi, mentre la Roma viaggiava verso il suo terzo scudetto, lui fece le valigie e se ne tornò in Cile per un po’. Solo un po’, perché il settembre successivo si ripresentò in bianconero e fu un’altra storia: 31 presenze e 2 gol. Ed era solo l’inizio, perché l’anno successivo la sua strada incrociò quella di Spalletti e il Pek divenne un gigante. In quegli anni si misero le basi per il suo futuro alla Roma, anche se ci fu la parentesi all’Inter. Solo una parentesi, perché Spalletti e la Roma erano lì ad aspettarlo per illuminare il centrocampo. Cosa che David ha fatto dal giorno del suo arrivo fino all’ultima giornata dello scorso anno, con lo scudetto che ancora una volta prendeva la strada di Milano. Il «maledetto scudetto» che Pizarro la scorsa estate aveva giurato di voler finalmente vincere. E invece la sua stagione è stata un incubo. La condrite del ginocchio che gli ha tolto la preparazione estiva, la difficile rincorsa alla condizione migliore e poi quella lunga pausa in Cile a Natale per provare a tornare quello vero. Nel frattempo il rapporto con Ranieri si era deteriorato e anche dopo il ritorno a Roma per lui il campo è rimasto lontano. Colpa sua, poca disponibilità? Ormai il passato è passato e conta poco. Conta piuttosto che mentre lui era fuori e la Roma perdeva prima il treno scudetto e poi quello europeo, qualche centinaio di chilometri più a nord Sanchez e Isla erano tra i trascinatori dell’Udinese che, partita peggio della Roma, era arrivata a un passo dalla vetta. Con l’arrivo di Montella, il Pek ha ritrovato il suo posto in cabina di regia e non è più uscito. All’inizio sembrava anche tutto risolto. Col Bologna pur in condizioni precarie fu tra i migliori e poi tutte prestazioni convincenti fino al derby. Così così a Firenze, male contro la Juventus con una prestazione che non è da lui. Che magari sbaglia perché si fa rubare palla nel tentativo di creare gioco, ma non si nasconde mai. Con la Juve, invece, si è visto pochissimo. Quando la Roma sotto di un gol avrebbe avuto bisogno della sua sapienza calcistica, lui per una volta non c’è stato. Può succedere, ma non si deve ripetere. Perché sennò l’Europa del prossimo anno se ne volerà via e senza i soldi della Champions sarà più difficile ripartire a caccia del “maledetto scudetto”. Novanta minuti per far vedere al mondo che non ci sono solo Sanchez e Isla, per conquistare 3 punti magari con un gol (finora uno solo in 15 partite di campionato), per riprendersi la Roma. Troppa pressione? Lui c’è abituato, la responsabilità gli piace, quando serve se la assume. E domani servirà tantissim