rassegna stampa roma

«La Roma USA farà divertire»

(Corriere dello Sport – A. Fanì) – Sociologia di una passione. Notte romana, calda per essere febbraio, impazza la febbre del Super Bowl, la finale del cam­pionato americano di football

Redazione

(Corriere dello Sport - A. Fanì) - Sociologia di una passione. Notte romana, calda per essere febbraio, impazza la febbre del Super Bowl, la finale del cam­pionato americano di football

(quello con la palla ovale e le corazze, per chi è digiuno). E’ la notte in cui gli americani che vivono nella Capitale si riuniscono nei locali per guardare in diretta la partita, l’Evento. Per loro è una tradizione, come il Giorno del Ringraziamento. Per noi è il modo per vive­re, da vicino, uno spettacolo unico. Ma sta­volta, a Roma, aveva un gusto più speciale del solito, come un hot dog già buono, cui però puoi aggiungere la mostarda. Perché questi sono i giorni della svolta epocale, i giorni nei quali un gruppo di americani (al­cuni a discendenza italiana) stanno seria­mente lavorando per comprare la Roma, pa­trimonio pallonaro della metà giallorossa di questa città pasciuta da febbrili passioni. Abbiamo scelto un locale, abbiamo parlato con gli americani che erano lì per banchet­tare a cheeseburger, patatine e birra, goder­si la partita e tifare. E abbiamo chiesto loro: vi piace l’idea di una Roma “targata” Usa? BUFALE? -E’ quasi mezzanotte, zona Ponte Milvio, il locale si chiama Crazy Bull Cafè, in via Riano, è un posto in perfetto stile Usa. Statue della Libertà, birra, ogni sorta di cheeseburger, hamburger, hot dog, doppio bacon burger che piroetta da un angolo al­l’altro sulle mani dei camerieri. Musica, lu­ci al neon, palloncini neri, magliette nere targate Espn America, il canale che ha orga­nizzato la serata per guardare in diretta la partita tra Green Bay (alla fine campioni, quando mancheranno pochi minuti alle quattro del mattino) e Pittsburgh. Ci sono due squadre di football della Capitale, grup­pidi amici che mangiano, camerieri che cor­rono, i proprietari del locale che gongolano e sorridono cortesi, bariste che palleggiano bicchieroni di birra. Alcuni tavoli sono occu­pati da pietanze di ogni tipo. Come ti sbagli: americani! Alla richiesta di conferma in co­royeaaaaahhhhh!.Appunto, come ti sbagli. Maglie verdi ­sono tifosi dei Packers - paro­le a raffica, un ragazzo ha il cappello di lana, un enorme panino tra le mani e suda. Mangia, chiacchiera e aspetta la partita eccitato. Lo sapete che un vostro concittadino sta comprando la Roma? «Benedetto» abbozza uno, ecco, lo sanno. «Basta che faccia una squadra competitiva» dice Douglas, passione vera per il calcio, se ne intende. «A me piace l’Aston Villa, e so cosa stanno facendo gli americani in Pre­mier League. Io dico una cosa: va bene por­tare soldi e mettere su un business, ma poidevono far decidere a chi di calcio ne capi­sce. Se comprano la Roma e vogliono deci­dere tutto loro, secondo me non va bene». «Ma non c’era uno che aveva comprato il “men iu”(intende il Manchester United)?» domanda quello col cappello (allora non ti interessa solo il football...). «Mmmmm, ma sì... Glazer, quello delle medicine, ma in Inghilterra lo odiano, non so perché», risponde un ragazzo con la maglia di Green Bay e l’aria di essere il leader del gruppo. Di fianco c’è una ra­gazza, deve essere la “sua”, coda di cavallo, fare sbrigati­vo ma simpatico: «Un americano compra una squadra di calcio in Italia? Bullshit!» (tradotto sarebbe “cavolata”, ma molto più volgare). E parte la rumba. «Ma no, dài, è un buon affare le dicono». Ma scusate, non po­trebbe anche essere un modo per stringere rapporti tra due culture ormai necessaria­mente«contaminate»? «Noi americani ab­biamo il senso degli affari» risponde un al­tro della comitiva, «Ma siamo molto diversi, io non ci credo, non abbiamo una culturacalcistica» risponde la ragazza.VI AMIAMO! -A un altro tavolo c’è un gruppo meno numeroso, e anche meno rumoroso, e anche meno pantagruelico a giudicare dai piatti. «Noi americani amiamo l’Italia per­ché ci piace ridere, e da voi c’è tanto buonu­more. Roma è fantastica, la gente è simpa­tica. La squadra disoccerla compra uno di noi? Ma è italiano? Ah, ha origini italiane. Allora va bene. Se lui è contento, sono con­tento anche io. Da noi per comprare una squadra di football o basket ci vogliono un mucchio di soldi, ma soprattutto ci vuole gente con le idee chiare e una direzione pre­cisa. O vinci, fai divertire la gente, o la molli». La questione sembra semplice, per loro. Da noi sarà uguale? Boh, vedremo.INDIZIO -Prima della partita incrociamo i rappresentanti di Espn America, Karimi Sharma e Daniele Novello. Karimi, america­na di origine indiana, è appena tornata dal Sudafrica dove la tv Usa sta guadagnando fette di mercato. Ci spiega che la gente è as­setata di sport, ci accende una lampadina, è come scovare un indizio. Ci viene in mente che le frontiere non sono mai confini, e for­se è proprio quello che hanno pensato Di-Benedetto e i suoi soci quando hanno detto: prendiamoci la Roma. Un colossale affare, una enorme opportunità, per la gioia di tut­ti: venditori, acquirenti, tifosi. Tutti voglio­no la stessa cosa, e tutti ci possono guada­gnare. In senso sportivo, prima di tutto, ma non solo. E’ molto americano, come concet­to, ma in Italia li abbiamo sempre ammirati per questo.