(Il Romanista) Flavio Insinna ha visto cose che voi umani non potete neanche immaginare. «Ho visto Menez inseguito da intere difese e Vucinic fare gol dalle posizioni più impensabili, e più di una volta, a dimostrazione che solo colpi che in repertorio ».
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«Grazie a Menez e a Vucinic ho visto cose che voi umani…»
(Il Romanista) Flavio Insinna ha visto cose che voi umani non potete neanche immaginare. «Ho visto Menez inseguito da intere difese e Vucinic fare gol dalle posizioni più impensabili, e più di una volta, a dimostrazione che solo colpi che in...
Insinna veleggia verso i 46 anni, ma da oltre 30 è abbonato alla Roma («negli anni 70 ci andavo con papà»). Adesso che Trigoria profuma d’America, una delle facce più amate dal pubblico televisivo coltiva una speranza: «Mi auguro che restino entrambi, sia Jeremy sia Mirko. A una condizione, però». E quale? «Devono volerlo, non deve trattarsi di un favore. Voglio fare una considerazione che non riguarda solo Menez e Vucinic, ma tutti i giocatori della Roma. Quanti scudetti abbiamo perso dal 2001 in poi? Tanti. Qualche volta ci sono stati rubati, ma spesso li abbiamo buttati via noi. A Venezia nel 2002 avremmo dovuto scendere in campo e fare 8 gol, invece siamo andati sotto 2-0. Pensi a questo campionato. Se la squadra avesse messo la testa a posto, l’avrebbe vinto facilmente. E ancora: da Capello in poi, non c’è stato un tecnico che è stato esonerato. Nemmeno uno. Se ne sono andati via da soli. Salutando tutti, Voeller disse: “Non c’è disciplina”. E la disciplina è tutto, senza non vai da nessuna parte».
Il senso? Gli intoccabili devono avere voglia di sentirsi tali. Sennò tanti saluti, è stato un piacere. Per Insinna non è una problema di mentalità romana: «Io sono romano e lavoro da mattina e sera. E così pure i miei amici meno fortunati di me, che fanno le capriole pur di pagarsi lo stadio. E’ una balla anche la storia dell’eccessiva pressione: ai tifosi bisognerebbe fare un monumento. La vita è fatta di sacrificio e alla Roma serve gente disposta a sacrificarsi. Non m’importa la nazionalità, ma solo che in campo i giocatori diano il massimo. Poi se ne vadano pure in discoteca a ballare. A festeggiare a Testaccio ci penso io»
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