(Corriere dello Sport-L.Cascioli) Questa Roma, che è tornata a vincere a Udine una partita strategicamente importante, ha il dono della tranquillità, la virtù virile della sicurezza, il pregio della lucidità, una nuova energia nervosa, una olimpica capacità di saper assorbire gli episodi negativi, una freschezza fisica e mentale nei minuti finali, che mai avevamo notato prima.
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La celebrazione di Totti e i meriti di Montella
(Corriere dello Sport-L.Cascioli) Questa Roma, che è tornata a vincere a Udine una partita strategicamente importante, ha il dono della tranquillità, la virtù virile della sicurezza, il pregio della lucidità, una nuova energia nervosa, una...
E' una squadra che si sente spronata a compiere fatiche profane, che non hanno niente di ammaliante o di spettacolare, per raccontarvi le quali ci vorrebbe forse un commentatore più entusiasta di noi. Ma è una Roma che riesce ad illuminare il mistero di quanto il carattere del tecnico finisca per plasmare quello della squadra. La vittoria stavolta era importante, tanto che alla fine ci era venuta voglia di celebrare tutta la squadra, invece che il solo Totti, come quello che avevamo visto ci suggeriva. Anche perché le celebrazioni dei campioni sono sempre superflue e ripetitive. Un campione si giustifica da solo. Il fatto è che per trovare i motivi per celebrare la Roma di Udine, al di là del risultato, ci voleva una certa intelligenza critica, mentre per celebrare Totti bastava, come sempre, un pizzico di enfasi per condire la verità. Non vorrei farvi credere che il vostro cronista risulti sprovvisto sia dell'una, che dell'altra. Ha solo preferito imboccare una terza strada che porta a Montella, la cui operazione di chirurgia plastica per restituire alla squadra i vecchi connotati tattici non ci porterà lontano, ma sta dando i suoi frutti. Sulle fasce abbiamo visto intanto rinascere Riise, con la sua faccia da furbetto biondo, e si sta facendo strada Rosi, sta recuperando De Rossi, sempre aspettando tutti Vucinic. La Roma di Montella ha giocato senza lampi, ma con molta convinzione. E il pubblico di Udine con altrettanta convinzione l'ha fischiata, forse perché aspettava un'altra prestazione dai suoi giocatori. Ci immaginiamo l'amarezza di Guidolin, che aveva dovuto rinunciare a Sanchez e ad Inler e che, dopo la splendida galoppata invernale, vede la sua squadra sciogliersi come le nevi a primavera. Ci immaginiamo, cioè, quanto gli sarà dispiaciuto osservare la piattezza del gioco espresso dai suoi ragazzi, lui che conferisce un valore enorme alle sfumature tecniche, agli improvvisi rovesciamenti di fronte, agli inserimenti massicci dei centrocampisti nella metà campo avversaria. Guidolin, più d'ogni altro tecnico, sa far fiorire prodigiosamente i temi del gioco, ma la partita di sabato sera ha dato anche a lui la dolorosa riprova che il bel gioco è possibile solo se in campo vengono schierati i campioni. Delusi dall'esito finale, i friulani hanno finito per prendersela con l'arbitro, che in una partita di calcio ha la stessa funzione di una cameriera chiamata a rassettare la camera. Un poeta, poi finito al manicomio (ma la cosa conta poco) non tollerava che la domestica spolverasse il suo scrittoio, convinto com'era che il piumino, passando sui fogli già scritti, ne scompigliasse le parole, i versi e la punteggiatura. Spiegava così il rifiuto costante con cui gli editori respingevano i suoi lavori. Ecco un apologo da regalare volentieri agli amici friulani. Non era il piumino di Damato a rendere inefficaci gli schemi dei loro giocatori. Era l'assenza di Sanchez e di Inler a privarli di efficacia e di penetrazione.
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