rassegna stampa roma

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(Il Corriere dello Sport) ROMA-PARMA 1-0 (6 dicembre 1992). La Roma – così assicurava perlomeno, ai tifosi, un ammiccante slogan – aveva rinvenuto, finalmente, al proprio interno, un vero, grande amico, per sua stes­sa fortuna...

Redazione

(Il Corriere dello Sport) ROMA-PARMA 1-0 (6 dicembre 1992). La Roma - così assicurava perlomeno, ai tifosi, un ammiccante slogan - aveva rinvenuto, finalmente, al proprio interno, un vero, grande amico, per sua stes­sa fortuna divenutone, per giunta, presidente: l’impe­ratore delle acque minerali, e certo non soltanto di esse, Ciarrapico.

Pilotato sul ponte supremo di comando della Lupa - e quivi formal­mente benedetto - dal mol­to giallorosso “ Divo” Giu­lio, astro al momento anco­ra risplendente, nel conses­so della classe politica ita­liana, il naturalizzato cio­ciaro imprenditore subentrava, proclamando un futuro stellato e ricco di conquiste, alla gestione il­luminata, avveduta e spesso vittoriosa dell’arguto e or­mai mitico Ingegnere Viola. Il neo primo dirigente ro­manista intendeva in effet­ti ricalcare il percorso di gloria, sfociato poi nell’epi­co, incomparabile scudetto tricolore, intrapreso, con sfrontata baldanza e con gioia di stampo naif mista a fervore, dalla garibaldina brigata scelta d’assalto blu­cerchiata. A tale scopo pre­cipuo era stato chiamato a gestire la missione, forse impossibile, il cosiddetto “ zio Vujadin”, l’adorabile, assai umano allenatore ser­bo giramondo, artefice dei ripetuti, fantastici miracoli doriani. Il corcontento Boskov si industriava, di buzzo buono e con zelante ed indefessa lena, di ricreare, all’ombra di un Cupolone magari dif­fidente e prevenuto, nell’in­combenza, imprevista ma tetra, di gravi quanto pure snervanti problemi di ma­trice societaria, quell’am­biente leggero, allegro e scanzonato intessuto nei suoi lieti, prolungati e re­centi trascorsi marinari ge­novesi. La scolaresca stentava tuttavia ad assimilare com­piutamente la nuova filoso­fica dottrina, di football, di costume e anche di vita, propagandata dal sorriden­te, simpatico e frizzante maestro internazionale di scuola jugoslava. Così i lu­petti svogliati, verso il sipa­rio del 1992, finirono, mogi e smarriti, a ritrovarsi, in graduatoria, in una per nul­la gratificante né tanto me­no ambita posizione. Cinquantamila tifosi spa­zientiti attendevano pertan­to ora alla prova, dell’orgo­glio, della grinta e indi del gioco, la deludente squadra beneamata. Lo sbandierato Parma dell’emergente Sca­la costituiva un ostacolo, sulla carta, peraltro assai scorbutico e arduo da salta­re. La Roma, un dì sparita, ma adesso viva, aggrediva viceversa, con cuore arden­te e verve scintillante e inu­sitata, il catenaccio a zona contrapposto dal tecnico emiliano. Colti tre legni so­nanti e in dieci per un tem­po, per via dell’espulsione del portiere, i giallorossi centravano il successo sa­crosanto, giusto al filo di la­na e nel tripudio, con Rizzi­telli, acrobatico, passionale e ogni volta indomabile cec­chino.