(Il Romanista – FOTOGRAMMA - P.Marcacci) Dateci almeno un globe trotter cattivo; quasi come un grido di dolore, che chi non vede giocare la Roma non può intendere e non stiamo parlando di basket.
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Oltre alla bellezza serve la concretezza
(Il Romanista – FOTOGRAMMA – P.Marcacci) Dateci almeno un globe trotter cattivo; quasi come un grido di dolore, che chi non vede giocare la Roma non può intendere e non stiamo parlando di basket.
Il fatto è che quando la Roma si dispiega in avanti si infila negli spazi come la primavera di De André, che come fumo penetrava in ogni fessura; lo fa coi piedi come fossero mani, dialoga come nemmeno Socrate a passeggio con gli allievi e peripatetica è l’Inter quando deve corrergli appresso, a questa Roma da Futsal, che dalla cintola in su tratta la palla come fanno i brasiliani a calcetto, i bambini di Copacabana, i predestinati di tutte le epoche.
Ecco perché vorremmo un globe trotter cattivo, almeno uno, perché tanta bellezza merita concretezza se non altro perché qualcuno, attraverso gli almanacchi, la possa ricordare: tabellini e marcature come appendice all’estetica, non solo fraseggio da cicale; maledetti quegli ultimi rimpalli, quella punta di egoismo che s’impadronisce dell’ispirazione, che taglia i rifornimenti alla concretezza. E’ una bellezza quasi insopportabile, se poi deve finire così, capo chino non perché inferiori ma perché troppe volte increduli a due passi dal goal.
Come si fa e come è possibile? C’è un talento anche nella perseveranza, evidentemente, ci sono errori che prima di appartenere al caso sono nel dna, c’è una Roma che ogni tanto, ogni poco anzi si punisce da sé, come se all’io della forza giallorossa si contrapponesse il super io del proprio senso di colpa, la vergogna di essere troppo bella, il lusso proibito, in un campionato di tagliaboschi, di perdere tempo davanti allo specchio, magari senza preoccuparsi del cartellino da timbrare.
E prima dei cartellini rossi e delle decisioni (quasi) forzate, delle prese per una volta non proprio salde, la Roma è come se si fosse punita da sola, se avesse rimpallato addosso al proprio autocompiacimento. Poi arrivano le considerazioni sulla forza dell’avversario, sui ricambi degli altri, su quello e su chi ti mancava stasera. Ma prima di ogni altra cosa, la Roma è come se si sorprendesse della Roma stessa, come se avesse paura di non essere all’altezza di quello che le spetta. Ecco perché vorremmo un globe trotter cattivo e non è un problema di questa partita; forse è questione di psicanalisi.
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