(La Gazzetta dello Sport - R. Palumbo) - E’ comunque una figuraccia. Che ci ricaccia, la Roma dopo il Milan, negli scantinati del calcio internazionale.
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Crollo Roma Battuta e fischiata Dopo lo scudetto si allontana l’Europa
(La Gazzetta dello Sport – R. Palumbo) – E’ comunque una figuraccia. Che ci ricaccia, la Roma dopo il Milan, negli scantinati del calcio internazionale.
Anche se poi c’è quel secondo tempo tutto cuore, il bel gol di Menez, il pareggio sfiorato nel finale. Questa partita doveva essere vinta 3-0, poche storie. Perché lo Shakhtar di Lucescu, a trazione anteriore brasiliana, tra un mesetto sarà pure una bellissima squadra, la stessa che in autunno ha messo sotto l’Arsenal capace ora di battere il Barcellona, ma oggi è il classico avversario comodo, reduce da un letargo invernale iniziato ai primi di dicembre. Un avversario che non ha i 90’ nelle gambe, anche se le statistiche diranno che è stato capace di correre più della Roma. Che si suicida, al di là di una prestazione sotto ritmo e di modesta qualità tecnica, con tredici minuti di follia, subito dopo il gol dell’effimero vantaggio, siglato da Perrotta. Finisce 2-3, terza sconfitta consecutiva, tra i fischi ed è un’eliminazione anticipata.
A Donetsk, l’ 8 marzo, loro saranno più avanti e la Roma, facile immaginarlo visto l’attuale trend, ancora più indietro. E per giunta senza Menez e Cassetti, squalificati. La speranza? Che Thomas DiBenedetto non abbia assistito a cotanto scempio, ultimatosi coi giocatori giallorossi chiamati sotto la curva sud per essere poi perfidamente sbeffeggiati. Al nuovo proprietario, l’americano che con la sua cordata fa sognare, potrebbero venire cattivi pensieri.
L’illusione Dura il tempo di festeggiare, troppo a lungo, il gol di Perrotta che arriva dopo una mezzora in cui lo Shakhtar mostra tutta la ruggine d’una lunga assenza dal calcio giocato. Sono fermi dall’ 8 dicembre, gli ucraini, e si vede, perché il loro 4-2-3-1, lineare, con due frangiflutti davanti alla difesa e il quartetto di brasiliani davanti fa una gran fatica a trovare distanze e passo. Basterebbe un avversario aggressivo e appena in forma. Ma la Roma, con Borriello in panchina e per cinque undicesimi diversa da quella che è affondata sabato col Napoli, cammina e sciupa, da Burdisso a Vucinic. Così, quando dal mischione esce fuori il cross corto di Taddei e la zuccata di Perrotta è accompagnata in rete dal maldestro Rat, prevale una gioia incredula.
Tutti si attardano intorno al cannoniere, e alla ripresa del gioco la squadra, più che piazzata, è spiazzata. Si assiste così a qualcosa di mai visto: un gol in contropiede preso su azione che comincia da una palla centrata. Diciotto secondi, Willian scappa a sinistra, Cassetti è introvabile, Jadson in mezzo può prendere la mira, mediani e stopper sono tutti ammucchiati sul dischetto, la deviazione maldestra è di De Rossi. Tredici minuti Sono quelli in cui lo Shakhtar asfalta la Roma, dal gol un po’ così di Jadson, a quello bellissimo di Douglas Costa, il migliore della compagnia, a quello grottesco di Luiz Adriano, che nasce da un capitombolo di Riise che nemmeno un vecchietto che inciampa sul tappeto dentro casa riesce a fare una cosa così.
L’Olimpico accompagna la Roma negli spogliatoi con cori irriferibili. E’ la fine di un’epoca. La fine del Tottismo, del delegittimato Ranieri e di tante altre cose ancora. Una sensazione che nonostante il secondo tempo all’arma bianca, il Borriello schiumante rabbia recuperato da Ranieri (ma al posto di Vucinic, non si sa mai...) dopo il cambio Riise Castellini, e il Menez redivivo, resta tale. Cinque anni fa, girone di Champions, Roma Shakhtar all’Olimpico finì 4-0. Segnarono Pizarro, della cui importanza ci si accorge sempre quando non c’è, Totti, Taddei e De Rossi. Cinque anni fa, per l’appunto.
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