(Corriere dello Sport - L.Cascioli) Della Roma, dopo la partita col Napoli, ci rimane solo l'ombra del suo ricordo. Prima però di azzardare bilanci in fluenzati dalle più recenti delusioni, è necessario fare un'analisi storica di ciò che è successo nelle ultime due stagioni.
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C’era una volta la Roma: adesso è solo un ricordo
(Corriere dello Sport – L.Cascioli) Della Roma, dopo la partita col Napoli, ci rimane solo l’ombra del suo ricordo. Prima però di azzardare bilanci in fluenzati dalle più recenti delusioni, è necessario fare un‘analisi storica...
Quando Spalletti scappa, di fronte all'esaurimento palese del suo modello di gioco (e presagendo il peggio), la Roma è una squadra già logora e demotivata. Ranieri ci mette le mani e lavora un impasto più sodo. E' una Roma meno brillante, ma più cinica, meno moderna come schemi, ma più tradizionale. Fa poi circolare una scossa elettrica nell'orgoglio dei giocatori e fa sognare di nuovo lo scudetto. Poi un'estate trascorsa a inseguire Burdisso ( smarrito lungo la strada) e un centravanti che arriva quando la frittata è stata già fatta. Infine la chimera di una rimonta resa credibile solo da quella realizzata pochi mesi prima. Ma la squadra è rimasta logora e vecchia negli uomini e nell'impianto di gioco e appare nuovamente demotivata. Non ci sono alibi, è vero, per spiegare questo fallimento, ma non ci sono per nessuno, neppure per quei dirigenti che hanno lasciato che la situazione societaria si macerasse in un limbo, in attesa di un futuro rilancio sempre rimandato al le calende greche. Il Napoli ha insomma battuto i giallorossi con pieno merito perché, mentre la Roma e Ranieri indugiavano sul da far si, ha costruito la nuova squa dra sulla traccia di un'idea moderna di gioco, messa poi in pratica con encomiabile tenacia. Tutti abbiamo notato che quando i ragazzi di Mazzarri riuscivano a conquistare la palla, subito si riversavano verso la porta della Roma, in vadendo tutti gli spazi come la spuma del mare sul bagnasciuga, mentre i giocatori della Roma, una volta riconquistata la palla, indugiavano incerti, senza mai trovare un varco di luce negli spazi possibili e consentendo agli avversari di rioccupare tempestivamente le posizioni difensive. Gran parte della forza del Napoli si basa su Cavani, giocatore universale, che partecipa al gioco collettivo, spazia a tutto campo, fa in terdizione, partecipa al pressing, e giunto al fin della licenza, tocca sempre in gol. Cav ni, con quella sua faccia gialluta da indio amazzonico, è stato un incubo per la Roma, schiantata dalla vitalità degli avversari e dalla classe del loro giocatore più rappresentativo. Nell'occasione che ha portato il Napoli in vantaggio Juan è stato più sfortunato che colpevole per il contatto con Hamsik. Poi la Roma ci ha messo tanta innocua volontà nella sua reazione, che i giallorossi ci sono parsi ombre di paglia e la partita si è srotolata inevitabilmente verso il suo finale scontato, come un rotolo di carta igienica caduto di mano. C'era una volta una Roma il cui gioco faceva pensare ad un progetto di architettura di quelli che vincono i concorsi per le borse di studio (ma non gli scudetti). Ranieri, da uomo pratico, si sarà certamente chiesto, come noi, perché i giocatori della Roma ci sono parsi sabato sera, tutti più piccoli del vero, tutti assolutamente privi di virtù, come calchi di gesso, tutti frenati, senza un'idea in testa, senza un pizzico di fantasia, senza un briciolo di follia, senza quelle esage razioni stilistiche e agonistiche che oggi fanno grande il Napoli, incapaci di elevarsi magari solo di un centimetro al di so pra dell'erba. Indecisi a tutto.
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