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Carnevale: «Claudio un vero galantuomo»

(Il Romanista-M.Macedonio) Un passato in comune, in maglia giallorossa. E per un anno, insieme, con quella del Catania. E’ la storia, anche se non proprio parallela, di Claudio Ranieri e Andrea Carnevale, che nella stagione ’83/84 si...

Redazione

(Il Romanista-M.Macedonio)Un passato in comune, in maglia giallorossa. E per un anno, insieme, con quella del Catania. E’ la storia, anche se non proprio parallela, di Claudio Ranieri e Andrea Carnevale, che nella stagione ’83/84 si ritrovarono a militare entrambi nella squadra siciliana.

«Non fu purtroppo un’annata felice – racconta l’ex attaccante, oggi responsabile del Settore giovanile dell’Udinese - perché a ottobre eravamo praticamente già retrocessi. Una sola vittoria quell’anno e il record negativo di punti, 12, nei campionati a sedici squadre».

Che ricordo ha di Claudio Ranieri? Lui era quasi a fine carriera, mentre io, con dieci anni di meno, avevo finalmente la fortuna di giocare, con loro, in serie A, dopo aver fatto un po’ di gavetta in B. Ranieri, insieme a Ciampoli, Sorrentino e qualcun altro, era tra i più “vecchi” di quella squadra. Ricordo che mi vedevano come il “ragazzino bravo”. E mi sono stati tutti molto vicini. Specialmente Claudio, che fu per me non dico un padre ma certamente una persona molto d’aiuto con quel suo essere posato e maturo, sempre pronto a dare consigli utili. Non diverso dal Ranieri saggio ed equilibrato che conosciamo. Per me, un vero galantuomo. Lo era allora e lo è ancora oggi. Non lo è diventato col tempo. Come giocatore, e so che non se la prenderà a male perché è lui il primo a dirlo, non è stato un campione di primo livello. Anche se a Catania, quell’anno, l’83/84, eravamo tutti giocatori in grado di stare, e bene, in quella massima serie di allora. Di lui mi ha sempre fatto una grande impressione l’umiltà, ma anche la personalità, la coerenza con se stesso, e la capacità, quando stava insieme agli altri, di essere anche divertente e comunicativo. E trovo che, da questo punto di vista, anche se è diventato – quello sì – un allenatore di primo livello, sia rimasto uguale ad allora, il ragazzo perbene, serio ed educato che ho conosciuto quell’anno.

Avete avuto modo di incrociarvi di nuovo, nel tempo? Certamente. Ci vediamo spesso. E quando ci incontriamo, ci abbracciamo. E’ sempre un piacere, reciproco, ritrovarsi.

Veniamo alla Roma di quest’anno. Che idea s’è fatto? Che è una grande squadra. Per me è addirittura quella che negli ultimi anni ha espresso il calcio migliore. E lo dico con piena convinzione. Ha grandi giocatori, e un gioco spumeggiante. Che fa divertire e, al tempo stesso, mette paura alle avversarie. Fino a qualche mese fa c’era l’Inter, che è stata a lungo una vera schiaccia-campionato. In questi sei mesi, però, per vari motivi, la squadra nerazzurra non ha brillato, vuoi per gli infortuni o per colpe dell’allenatore. E penso allora che la Roma, così come il Milan, possa ambire a pieno titolo allo scudetto

Un campionato ancora aperto, dunque? Rispetto a quello scorso, tantissimo. L’anno passato, quando scendeva in campo l’Inter, il pronostico era pressoché scontato, contro chiunque giocasse. Quest’anno, no. E non ci sono squadre in grado di emulare quell’andamento.

Quanto potrà rivelarsi decisivo, per la Roma, il confronto avuto con il Milan? E’ stato il vero momento di svolta. Non è da tutti andare a vincere a Milano. Ho visto la partita di San Siro e la vittoria della Roma è stata pienamente meritata, avendo giocato alla pari con i rossoneri. Sono davvero tre punti che possono dare quella forza in più per ripartire ora con più convinzione e fare ancora meglio nel prosieguo del campionato. La Roma, secondo me, almeno in Italia, non deve temere nessun’altra avversaria.

Dopo Catania, due anni a Udine e quattro a Napoli, prima di approdare alla Roma. Che ricordo ha della Capitale, della squadra giallorossa e dei suoi tifosi? Sono sincero: io ho vinto tutto a Napoli e devo quindi molto a quella società, cui sono rimasto legato anche sentimentalmente. Però, i colori giallorossi me li porto addosso fin da quando ero bambino. Le basti questo: quando l’Udinese, nell’86, mi disse che intendeva cedermi a una grande società, ricordo che chiesi all’allora presidente, Mazza, di farmi andare proprio alla Roma, e non al Napoli, nonostante vi fosse Maradona. E lui: “Ma sei matto? Non sai con chi stai andando a giocare!”. Gli risposi che a me non interessava nulla che ci fosse Diego, perché il mio sogno era quello di giocare con la maglia giallorossa. Non mi accontentò, ma appena ne ho avuto la possibilità, nel ’90, dopo il Mondiale, sono finalmente arrivato lì e ci sono rimasto tre anni. Roma è una città splendida, con della gente favolosa.

Per chiudere, come vede questo primo impegno del 2011 all’Olimpico? Il Catania – l’ho visto quando ci abbiamo giocato contro come Udinese – è una squadra molto quadrata. Che attende e sa essere micidiale in contropiede. Penso però che la Roma non debba preoccuparsi più di tanto. La vedo forte in tutti reparti. In difesa, dove secondo me è anche migliore del Milan, come a centrocampo e in attacco. Lo ripeto, insieme ai rossoneri, è per me la favorita per lo scudetto.