(Il Romanista - M.Izzi) - E’ una vecchia querelle, come sempre, resto convinto che un tifoso romanista abbia tutto il diritto di non voler vedere ex atleti della Lazio indossare la maglia della Roma.
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Bernardini e Ferraris IV quando l’ex è osannato
(Il Romanista – M.Izzi) – E’ una vecchia querelle, come sempre, resto convinto che un tifoso romanista abbia tutto il diritto di non voler vedere ex atleti della Lazio indossare la maglia della Roma.
Perfettamente legittimo, meno corretto, a mio avviso, è tirare in ballo la storia. La storia dice che i cambi di casacca ci sono sempre stati e che, per quanto riguarda la Roma, questi passaggi hanno tutt’altro che scatenato sommosse da parte di tifosi indignati. Sugli spalti di Testaccio, ad esempio, si accomodavano tifosi estremamente caldi e determinati a far sentire i propri umori anche più di quelli di oggi. In quei giorni la rivalità con la Lazio era viva, scatenati erano gli sberleffi e i perfidi scherzi tra le due parti, ma l’irriducibile astio sportivo non è mai entrato nelle questioni tecniche dei neo acquisti in ingresso. Ci fu maretta, è vero, per la questione di Attilio Ferraris. Ma lì, il grande borghigiano aveva fatto il percorso inverso e per lo più si era “macchiato” di alcuni dispettucci che avevano fatto imbizzarrire l’ambiente (la tappezzeria del famoso Bar Ferraris era stata cambiata da giallo-rosso in bianco-celeste). Fu così che quando l’immenso Attilio si presentò a Testaccio da avversario (con la Lazio pronta a pagare una severa penale per poterlo schierare, aggirando una clausola che era stata inserita nel contratto di cessione), dalle gradinate partirono delle generose bordate di fischi. Fulvio Bernardini, in maniera molto teatrale, attese Attilio al centro del campo e quindi gli stampò un bacio sulle guance, come a voler sottolineare: «Sei sempre uno dei nostri». Quando quattro anni più tardi il figliol prodigo tornò alla Roma, nessuno trovò nulla da ridire, venne accolto a braccia aperte, come se la Lazio non fosse mai esistita. Discorso diverso, ma comunque significativo, quello che va fatto per Fulvio Bernardini. “Fuffo” ha scritto più volte che la Roma è stata la sua secondasquadra a livello professionistico. La parentesi di sette anni nella Lazio era legata al mondo del puro dilettantismo visto che il dottore non aveva percepito solo rimborsi spese e lui semplicemente non la calcolava. Bernardini lasciò alla Lazio con il dente avvelenato, quando scoprì che sotto banco alcuni dei suoi compagni percepivano dei compensi. A quel punto fece armi e bagagli verso Milano. Quando Sacerdoti andò nel capoluogo meneghino per riportarlo a casa, Fulvio non chiese una lira di più di quello che gli passava il presidente nerazzurro Olivetti: 50 mila lire alla firma del contratto e stipendio di tremila lire mensili. I tifosi quando lo seppero impazzirono di gioia, alla prima occasione utile, vale a dire la gara di campionato contro l’Internazionale, a fine gara invasero il terreno di gioco, caricarono Bernardini sulle proprie spalle e gli fecero indossare la maglia che lo avrebbe consacrato alla leggenda del calcio. Per cancellare sette anni di Lazio non servirono sette secondi e nessuno riesumò i trascorsi del nuovo “profeta”, e questa è storia. Ancora più emblematica sarà la vicenda che porterà all’ingaggio di Selmosson. La cessione di Raggio di Luna, vitale per salvare i bilanci della Lazio, scatenò le ire dei tifosi biancocelesti che costrinsero i dirigenti a barricarsi nelle proprie dimore. Persino l’ambasciata svedese venne allertata per stabilire un contatto con il giocatore e convincerlo a non accettare il trasferimento. Viceversa, dai tifosi della Roma il passaggio fu accolto con festeggiamenti spinti all’eccesso, proprio per accentuare lo stato di malessere dei cugini. Storia a sé la fa il caso di Lionello Manfredonia, con Trigoria posta in stato d’assedio e Viola inutilmente a prodigarsi in una impossibile mediazione con i tanti contestatori. Ma dietro quella reazione e quella insanabile frattura c’erano trascorsi personali tra “Lio” e la Curva, e francamente non vediamo come questo possa essere messo in relazione con l’attualità.
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