(Il Romanista-B.Devecchi) Dammi tre punti e poi chiedimi quello che ti pare. Udine per la Roma è la Bocca della verità, uno spartiacque fra quello che potrebbe essere e quello che sarà. Udine per la Roma è un destino
rassegna stampa roma
A Udine, tra passato, presente e futuro
(Il Romanista-B.Devecchi) Dammi tre punti e poi chiedimi quello che ti pare. Udine per la Roma è la Bocca della verità, uno spartiacque fra quello che potrebbe essere e quello che sarà. Udine per la Roma è un destino
(anche nell’84 quando perdemmo contro Zico, fu lì che decidemmo di lasciar perdere lo scudetto per la Coppa) un destino fra passato, presente e futuro. Non solo Zico, non solo Zico contro Falcao – quello è amarcord – ma Udine per la Roma ha già significato Europa quando Europa per la Roma era un miraggio, una frontiera più lontana di Schengen. Era la maledetta stagione dei quattro-cinque allenatori (2004-2005) in campionato dal sogno scudetto si arrivò a una salvezza strappata a Bergamo con una puntata di Cassano. L’ultima. Quell’anno lì l’Udinese significava semifinale di Coppa Italia, che però era uno spareggio europeo visto che nella doppia finale ci sarebbe stata l’Inter che avrebbe liberato un posto Uefa. All’andata finì 1-1, e segnò Mexes. S’era messa male insomma, anche perché quell’Udinese giocava bene e quella Roma non giocava proprio. Quella era l’Udinese di Spalletti: un altro segno del destino, un altro passaggio di tempo. Quella volta vincemmo noi 2-1, grazie a uno dei pochi guizzi di Amantino e grazie soprattutto – e per sempre - a un gol di Francesco Totti sotto lo spicchio dei tifosi della Roma che all’epoca poteva addirittura fare le trasferte. Era una Roma strana, in maglia verde, fra Capello e sonni russi e un futuro tutto da riscrivere sia a livello societario sia a livello tecnico. Quella volta Udine per noi fu dolce.
Sabato sera è un altro spareggio. Inutile girarci intorno: se non si vince al Friuli addio sogni di Champions League, ma se vinci, dimezzando lo svantaggio sulla diretta concorrente (da 6 a 3 punti) col vantaggio in caso di parità degli scontri diretti, l’Europa che conta tornerebbe non solo a essere un’ipotesi possibile, ma persino probabile. Totti c’è sempre, e c’è pure Handanovic che gli parò il rigore, ma non la respinta. Portasse bene, anche perché in ballo c’è il futuro, e non solo quello dei venti milioni che - più o meno - ti dà la Champions, il futuro futuro. Questo trivio in una terra sempre speciale come il Friuli è anche uno specchio per la Roma che sta attraversando un passaggio di epoca.
L’Udinese è una società modello che ha saputo mantenersi a livelli alti-altissimi, persino stratosferici considerando la realtà di partenza, la piazza, le potenzialità, principalmente se non quasi esclusivamente grazie all’organizzazione. Su tutte una rete di osservatori, capillare e competente, distribuita in tutto il mondo, un sistema finalizzato soltanto al bene della squadra. E’ così che si spiegano i Sanchez, gli Isla che saranno i pezzi forti del mercato prossimo venturo, è così che si spiega perché Di Natale preferisce Udine a Inter, Milan e Juve. Sarà l’organizzazione e la distribuzione dei compiti anche la chiave di (s)volta degli imprenditori Usa, con un portafoglio ben diverso da quello di Pozzo e con una città, una tifoseria, una squadra che si chiama Roma. In teoria non c’è confronto, in pratica bisogna dimostrarlo da sabato sera.
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