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Roma, gli assist di Falcao

Il Divino: «Spalletti e Totti sono intelligenti. L’importante è che si rispettino»

Redazione

C’è stata una Roma pre e una Roma post Paulo Roberto Falcao. Per questo rivedere il Divino a Trigoria fa lo stesso rassicurante effetto di rientrare a casa e trovarla in ordine. Perfettamente a suo agio il brasiliano, protagonista dello scudetto dell’83. Il “numero 5” è al posto giusto al centro del tavolo della sala conferenze, dove ieri è stato presentato il docufilm “Chiedi chi era Falcao” (regia di David Rossi con testi di Tonino Cagnucci) che andrà in onda su Roma Tv da domani sera, dopo la partita di Europa League Roma-Villarreal. «È speciale essere di nuovo qui con Bruno, Ubaldo e Roberto (Conti, Righetti e Scarnecchia, seduti in prima fila ndr). Ma c’è anche Turone no?».

Scherza Falcao dopo aver visto il trailer della pellicola in cui ricorda quel gol ingiustamente annullato per fuorigioco: «Quello scudetto lo sento mio - racconta il brasiliano nel film - perché giocavamo meglio di quella Juventus. Averlo indietro sarebbe fare giustizia, ma il calcio è un gioco».

Film che racconta anche un Paulo inedito, con l’infanzia vissuta nella povertà di Canoas sobborgo di Porto Alegre. È il solito Falcao, capace di esprimere concetti forti con la stessa classe di quando accarezzava il pallone. Come quando mandò in gol di tacco Pruzzo contro la Fiorentina: «Un’azione che cominciò dalla nostra area e alla quale parteciparono anche Chierico e Nela. Non fu facile giocare contro la Juventus e le squadre del nord, ma col bel gioco rendemmo simpatica la nostra maglia a tutta Italia. Qui non si vinceva da più di 40 anni, mentre io all’International vinsi tutto (e nel film si svela come in realtà era tutt’altro che sconosciuto, avendo vinto tre scudetti brasiliani e la Libertadores prima di sbarcare a Fiumicino, ndr). Forse il mio merito è che convinsi i compagni che potevamo farcela. Perché Bruno (Conti, ndr) era più bravo di me. Agostino (Di Bartolomei, ndr) tirava meglio di me. Vierchowod era più veloce di me. E poi c’era il presidente Viola e la sua capacità organizzativa. Eravamo una grande squadra».

Che sfiorò la vetta d’Europa perdendo ai rigori la Coppa Campioni nella finale dell’Olimpico contro il Liverpool. E il rigore dello scandalo? In “Chiedi chi era Falcao” il brasiliano farà chiarezza una volta per tutte spiegando perché non si presentò sul dischetto. La sua è stata la Roma più forte. Giocava sfruttando il possesso palla con una fitta serie di passaggi: la ragnatela di Liedholm, si chiamava 35 anni fa. Possibile vederci le radici del Barcellona di Guardiola e del suo tiki-taka? «Difficile fare paragoni - spiega Falcao - certo è che Liedholm con la zona cambiò il calcio italiano: qui tutti marcavano a uomo. Facevamo il fuorigioco, ma senza il pressing che poi introdusse Sacchi. E poi facevamo possesso palla, ma non giocavamo solo orizzontalmente. A me piaceva inserirmi in verticale».

Poi l’attualità. Non lancia hashtag («non mi piacciono i social dove si può dire qualsiasi cosa dietro false identità»), ma si schiera pro-stadio: «Non entro in polemiche che non conosco, ma alla Roma servirebbe un impianto di proprietà». E dice la sua anche sul “caso” Totti-Spalletti: «Sono due persone intelligenti. L’importante è che non manchi mai il rispetto. E io Totti lo farei giocare fino a 50 anni». Capitano che ieri ha abbracciato Falcao e commentato: «Fra i tanti campioni della Roma del passato, mi sarebbe piaciuto giocare con lui». Infine un pensiero alla curva Sud, che vedrà semideserta anche domani quando assisterà a Roma-Villarreal: «Non conosco bene il problema, ma so che i tifosi erano sempre con noi e non solo in casa. Spero tornino presto». Anche Falcao poteva tornare. Nel ‘91, da allenatore: «Era tutto fatto, ma poi purtroppo il presidente Viola morì». Infine, domenica sera la Roma sfiderà l’Inter ovvero la squadra alla quale rischiò di trasferirsi. Se ne dissero tante. La più accreditata è che il presidente nerazzurro Fraizzoli rinunciò per non fare uno sgarbo a Viola. Nel docufilm c’è la verità di Cristoforo Colombo Miller, vulcanico ex procuratore. Lui decisamente più terreno del Divino.

(F.Balzani)