Sarebbe stato folle credere di rivedere subito “la Roma di Spalletti”, ma lo sarebbe stato anche immaginare che - seppur in condizioni tattiche precarie - i giallorossi non avessero avuto le armi per battere il Verona ultimo in classifica. Evidentemente la condizione psico-fisica della squadra è molto più compromessa di quanto si potesse immaginare. Due giocatori sono esemplari in questo senso: Dzeko e Castan. Il bosniaco non è nemmeno un lontano parente del centravanti che è: lento, impacciato, impreciso fino alla sciatteria nelle conclusioni. Castan, invece, testimonia che le gambe non vanno e lui - inevitabilmente indietro rispetto ai compagni - di conseguenza oggi non è all’altezza della serie A. Analizzando poi come è stata impostata la partita, a non resistere alla tentazione di riproporre al primo colpo la Roma che fu è stato proprio Spalletti. Il tecnico è caduto nella trappola immaginando di riavere Perrotta (Nainggolan), Pizarro (Pjanic), Taddei (Florenzi) e Mancini (Salah). L’unico superstite era De Rossi e infatti, finché le gambe hanno retto, è stato l’unico fedele interprete di se stesso. Mancava anche un certo Totti, rimasto in panchina. Ma questa è un’altra storia
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Giallorossi a terra, caduti nella trappola della memoria
La condizione psico-fisica della squadra è molto più compromessa di quanto si potesse immaginare. Due giocatori sono esemplari in questo senso: Dzeko e Castan
(R. Buffoni)
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