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Ferri: “I miei amici continuano a morire, il calcio non ha capito il nostro dramma”

L'ex giocatore dell'Inter: "Le parole di alcuni presidenti sono una mancanza di rispetto. Non assegnerei lo scudetto, niente retrocessioni, niente coppe: come se la stagione non fosse mai iniziata"

Redazione

Una realtà terribile da raccontare. Riccardo Ferri, ex difensore dell'Inter e della Nazionale, vive nella zona rossa, a Lodi. Da settimane è praticamente isolato, come tutti gli abitanti in quelle zone. Una situazione che di giorno in giorno si fa sempre più pesante. Drammatico il suo racconto sulle pagine di 'Leggo'.

Qual è la situazione attuale?

"Fin da subito abbiamo capito quanto potesse essere aggressivo questo virus. Ho perso degli amici qui, uno dopo l'altro, e attualmente altri sono in ospedale; altri invece sono sotto controllo a casa".

E lei come stai vivendo la quarantena?

"E' davvero dura, perché si riesce a comunicare con i familiari solo via telefono o con i social. Cerchiamo di rassicurarci tra noi, ma è molto difficile. Qui girano in continuazione tante ambulanze. Io sono da solo a casa, i figli sono lontani, ma penso soprattutto agli anziani soli e spaventati. Per tirarmi su mi racconto sempre una metafora".

Quale?

"Stiamo affrontando una squadra aggressiva, che nei primi 45' ci ha messo sotto. Ora è arrivato il momento di trovare il modo di aiutarsi l'un l'altro e di cercare di uscire a testa alta da questa partita perché perderemo, ma dobbiamo limitare i danni. Abbiamo perso solo una sfida ma il campionato è lungo. E sono sicuro che alla fine ce la faremo".

Intanto, il mondo del calcio è irrequieto e troppo voglioso di ricominciare.

"Le parole di alcuni presidenti in questi giorni sono una mancanza di rispetto nei confronti di un Paese che sta pensando solo a riuscire a rialzarsi. Dobbiamo pensare a tutti coloro che lavorano in trincea per salvare persone. A chi vuole tornare in campo, farei fare un giro nelle mie zone per capire cosa sta accadendo, forse non hanno chiara la situazione".

Che cosa farebbe se oggi fosse a capo del calcio italiano?

"Non assegnerei lo scudetto, niente retrocessioni, niente coppe, farei come se questa stagione non fosse mai iniziata. Proprio come è successo negli anni di guerra. Tornare a giocare a giugno è sbagliato".

E con le Olimpiadi di Tokyo?

"Magari si potranno fare in autunno. Capisco gli sforzi degli atleti, ma non sappiamo quanto sarà lunga questa battaglia".