rassegna stampa roma

Usi e costumi da Tavecchio

Fa simpatia, davvero, autentica. Ci si immagina il fido Lotito che lo incoraggia da dietro la telecamera, magari con suggerimenti mimati, e viene da ridere.

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Niente, uno vorrebbe anche non pensarci, godersi le partite e dimenticare che c'è Tavecchio. Non si può per contratto: la Rai ha il diritto di intervistare il presidente della Federcalcio nell'intervallo delle sfide azzurre, il presidente della Federcalcio ha il dovere di presentarsi davanti al microfono, noialtri abbiamo quello di ricordarci, appunto, che c'è lui, Tavecchio.

Perché uno non avrebbe neanche più voglia di infierire sulla storia di Optì Pobà, delle banane, quella roba là: c'è l'Uefa che ci lavora, vedremo cosa deciderà dopo l'archiviazione della Federcalcio ad opera dell'archivista di palazzo, Palazzi. Poi però uno vede Tavecchio in campo, vede l'affanno del giornalista Rai nel cercare di non metterelo in difficoltà, sente domande che sembrano quelle dei maestri che sanno di avere davanti un allievo fragilino: avanti caro, su, dicci qualcosa, quasiasi cosa...

E lui, il capo del calcio italiano, prende coraggio e parla, e dice cose tipo quelle di venerdì, intervallo di Italia-Serbia Under 21: "Eh, la partita è come un thriller che è partita male....", Eh, il calcio è quello, che lo sa, la palla gira", "Eh, le Olimpiadi sono la cosa più importante, perché lì ci sono gli usi e i costumi di un paese"...

Fa simpatia, davvero, autentica. Ci si immagina il fido Lotito che lo incoraggia da dietro la telecamera, magari con suggerimenti mimati, e viene da ridere. Poi, però, si pensa che i presidenti del calcio - chi manager, chi macchietta, chi divorato dall'ambizione - hanno scelto lui, si dice ispirati e consigliati da pezzi da novanta come Carraro, accidenti. Certo, lo hanno scelto in modo da poter continuare a decidere tutto loro, è ovvio. Però comunque è lui l'uomo che deve rappresentare il mondo del calcio in Italia e nel mondo. Avrebbe dovuto farlo, per dire, anche mercoledì e giovedì prossimi, quando Roma ospiterà il convegno antirazzismo fortemente voluto dall'Uefa. Invece non ci sarà, Tavecchio, per non mettere in imbarazzo quelli che lo stanno giudicando proprio per razzismo, che disdetta, e probabilmente manderà a rappresentarlo il suo vice, l'elegante Maurizio Beretta, presidente della Lega di A e vicepresidente della Figc, che nel caso dovrà chiedere un permesso alla banca che lo stipendia per trovare il tempo di esserci. Si sa che lui, altra scelta illuminata dei presidenti del pallone, ha il triplo lavoro. Usi e costumi tutti italiani, direbbe Tavecchio, sognando le Olimpiadi.