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Il trattato pro stranieri che fa tremare Tavecchio

Michel Platini lo terrà fuori come indesiderato dal congresso che il 24 marzo 2015 lo rieleggerà presidente.

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La foto di “Karlo Tavekkionu” campeggia su un articolo di una certa ampiezza di Apa, il principale sito internet dell’Azerbaigian. Non c’è bisogno della traduzione, per capire come la notizia della quarantena imposta dall’Uefa al presidente della Figc per la sua incauta battuta razzista abbia ormai fatto il giro del mondo. Platini lo ha tenuto fuori come indesiderato dal congresso che il 24 marzo 2015 lo rieleggerà presidente. Così Tavecchio, nei sei mesi di invisibilità internazionale forzata che lo attendono, non ha alternative: dovrà tentare di restaurare al più presto la propria ammaccatissima immagine. Ma il guaio è che rischia di arrivargli subito un secondo colpo, dopo la decisione dell’Uefa, e sempre dal fronte per lui minato degli extracomunitari: la richiesta di applicare al calcio italiano la convenzione di Cotonou, che assimila appunto ai comunitari i lavoratori di 79 paesi africani, caraibici e del Pacifico. L’eventuale rifiuto potrebbe aprire un contenzioso giuridico, davanti ai tribunali nazionali e dell’Ue: non proprio l’ideale per un presidente federale debolissimo in Europa.

IL CASO E' SCABROSO - La Cotonou – dal nome della città del Benin in cui l’Ue la stipulò nel 2000 con durata ventennale «per l’aiuto allo sviluppo, al commercio, agli investimenti, ai diritti umani e per ridurre ed eliminare la povertà» in 79 paesi, tra i quali alcuni di forte tradizione calcistica (Nigeria, Camerun, Ghana, Senegal) – in ambito sportivo viene denominata Bosman 2. In Italia l’ha recepita dal 2012 la Federbasket, adeguandosi ad altre federazioni di paesi Ue. Il calcio ha abbattuto la barriera in Spagna, Portogallo, Germania e Francia: Eto’o, per citare l’esempio più illustre, passò nel 2007, quando era al Barcellona, dallo status di extracomunitario a quello di comunitario. Ora tocca alla Figc, già allertata l’anno scorso dalla Lega di serie A, affrontare la questione. L’avvocato Angelo Cascella, tra i massimi esperti italiani in diritto sportivo internazionale, è pronto infatti alla battaglia. «Nei prossimi giorni presenterò in Federazione delle richieste di tesseramento quali comunitari di calciatori extracomunitari provenienti da paesi dell’Area Cotonou: avranno pieno diritto di essere tesserati alla stregua dei comunitari senza restrizioni alla loro circolazione, essendo vietata ogni discriminazione fondata sulla nazionalità, con riferimento alle condizioni di lavoro rispetto agli altri lavoratori».

L’iter prevede una richiesta alla Figc da parte del club interessato. «Ritengo che ne possano usufruire i calciatori dell’area Cotonou già tesserati in Italia e, come nel basket o come nel calcio in Spagna, quelli che chiederanno il tesseramento nei nostri campionati ». In caso di diniego da parte della Federazione, il calciatore potrà appellarsi ai tribunali, come fece a suo tempo il belga Bosman, artefice della sentenza che aprì la strada al mercato dei parametri zero. «Ogni misura contraria e protezionistica sarebbe anacronistica e illegittima e legittimerebbe appunto il lavoratore a rivolgersi ai tribunali nazionali e dell’Ue, denunciando la violazione della convenzione di Cotonou».

L’effetto potenziale sul mercato calcistico è evidente, dato il frequente ricorso ai calciatori africani e la buona qualità media in particolare di ghanesi, camerunensi, nigeriani e senegalesi. Di sicuro la Figc, che per raccogliere l’allarme di Conte sull’invasione degli stranieri progetta la riduzione delle rose a 25 giocatori e l’innalzamento del numero minimo dei calciatori provenienti dai vivai, si ritrova alle prese con la distanza tra le tentazioni protezionistiche (il capitano azzurro Buffon propose almeno 6 italiani su 11 in campo) e la legislazione europea. Secondo l’avvocato Cascella, il contrasto è solo apparente. «Serve un cambio di mentalità, aprirsi al mondo globale. La Spagna, che ha per prima aperto alle nuove norme, ha vinto un Mondiale e due Europei. Sono convinto che il presidente Tavecchio, che ha sempre manifestato la propria attenzione al problema del razzismo combattendo le disuguaglianze fondate sulla nazionalità, saprà adeguarsi al testo della Cotonou». Non c’è pace sul mare di Palermo, dove Tavecchio sta per attraccare con tutti i suoi guai.