(La Repubblica - M.Pinci) - Continuasse come ha iniziato, verrebbe il dubbio che le proprie rivincite voglia prendersele più fuori che dentro il campo. Il ritorno di Zdenek Zeman a Roma, accolto come il profeta del calcio estetico dopo l’oscurantismo asturiano, inizia ad aprirsi ai primi venti di scetticismo. Sarà che il rendimento della squadra, dopo quattro partite giocate — e lo 0-3 a tavolino di Cagliari non può far media — è lo stesso che accompagnava l’esordio zoppicante di Luis Enrique: una vittoria, una sconfitta e due pareggi. [...]
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Roma, Zeman non incanta troppi litigi e poche magie
(La Repubblica – M.Pinci) – Continuasse come ha iniziato, verrebbe il dubbio che le proprie rivincite voglia prendersele più fuori che dentro il campo.
Un’attesa spasmodica di tornare ad applaudire Zemanlandia aveva contagiato l’estate romana: il boom di abbonamenti, 35 mila biglietti venduti per un’amichevole con l’Aris e un debutto con il Catania davanti a 50 mila persone. Dopo tre mesi di lavori, però, il lunapark espone ancora un preoccupante cartello di lavori in corso. E in tanti mercoledì notte mostravano evidenti segni di insofferenza verso la fragile e accomodante Roma di questo inizio stagione. Anche le radio romane mandano in onda delusione feroce, nell’attesa inutile di un lampo, una sovrapposizione o un taglio in area a tutta velocità: giocate viste lo scorso anno a Pescara con elementi meno pubblicizzati di Destro e Balzaretti, De Rossi e Burdisso.«Ma con la Samp doveva finire 4-1 — sostiene Zeman — poi però dopo aver subito il pareggio non ho visto più il mio gioco».
La sua Roma corre, ma con il passare dei minuti perde lucidità e dimentica la lezione: delle teorie zemaniane, sin qui, si è vista la faccia peggiore, non la migliore. Segna tanto, è vero (8 reti in 4 gare, soltanto Juve e Napoli hanno fatto meglio, ma con una partita in più), in fondo però non crea più delle altre: la squadra è settima per numero di conclusioni verso la porta a partita dietro Juventus, Inter, Fiorentina, Cagliari, Milan e Lazio. Il terzo posto per tiri nello specchio consola solo fino a un certo punto. Perché, rispetto a un anno fa, la vetta della classifica cui Zeman non fa mistero di guardare, è già un paio di punti più lontana.
Ieri a Trigoria l’allenatore ha catechizzato la squadra: 20 minuti di appunti tecnici e rilievi sul match contro Ferrara. Domani, quasi per pesarne ambizioni e limiti, la accompagnerà al test più duro: a Torino contro la Juventus imbattuta in campionato da 44 partite, e mai vinta nel tempio dello Juventus Stadium. Un appuntamento chiave che metterà il boemo di fronte al proprio nemico storico. E con cui, dal momento del ritorno a Roma, ha riallacciato il filo rosso della polemica tagliato nel ’99 con l’addio alla capitale. Una sfida su tutto il fronte, con Conte, Elkann, Vialli, persino i tifosi bianconeri: «Se ce l’hanno con me dovrebbero avercela anche con pubblici ministeri e tribunali ». Sembra quasi la piazza romana gli abbia fornito la ribalta attesa anni per togliersi quei sassolini rimasti troppo tempo nelle scarpe. [...]
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