Comunque sia, questa è la notte scrive Enrico Sisti su La Repubblica. Se deve accadere qualcosa deve accadere stasera, con le luci accese e i cuori a palla. E possibilmente con i giocatori attivi dall’inizio alla fine, senza interruzioni nell’erogazione dell’energia. La Roma deve essere tutta lì, le parti pregiate e il quinto quarto. Non ci sono soluzioni alternative. Non sarà una partita da giocare da razionali o da tattici. Sarà anzi una partita da giocare con la pancia, forse solo di pancia. Se arriverà, sarà la vittoria dello spirito del gruppo. Se arriverà, non sarà la vittoria delle strategie e dei talenti attuali, bensì la vittoria di una motivazione collettiva che avrà unito, per una sera, i calciatori giallorossi di ieri, quelli di oggi e quelli di domani, perché in ogni epoca c’è stato o ci sarà un giocatore romanista che se n’è tornato o se ne tornerà a casa con la coda fra le gambe. Andare in semifinale può essere davvero così importante? Assolutamente sì. Questa semifinale, se raggiunta, potrebbe avere lo stesso valore di quella di Champions del 2018: quella inattesa e persa, questa per ora solo pretesa. Allora eravamo gli intrusi, ma la posta era più alta. Adesso potremmo essere i favoriti, ma la posta è più bassa. Non importa chi gioca. Non importa se il Bodo\Glimt dovesse difendersi in dieci, per andarci lui in semifinale. Importa che tutti abbiano nel mirino l’obiettivo degli altri: essere una cosa sola in campo per tutto il tempo (o i tempi) che serve. Se poi arriva la giocata meglio. La Roma può anche uscire. Ovvio. Semplicemente, non deve farlo. In nome di quei fili della sua storia che pendono e che sono da riannodare. In nome di quelle migliaia di innamorati già senza voce, che vogliamo felici, domani notte, uscendo dallo stadio, a fantasticare ognuno a modo suo sulla prossima trasferta a Leicester o a Eindhoven.
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