rassegna stampa roma

Parnasi parla ancora e spera. Ai pm la sua verità sui politici

Ieri interrogatorio chiesto dalla difesa del costruttore che prova a parlare di nuovo per cercare di uscire di prigione

Redazione

Nuovo faccia a faccia con i pm per Luca Parnasi. Un incontro chiesto dalla difesa del costruttore che prova a parlare di nuovo per cercare di uscire di prigione. Lo aveva già fatto a fine giugno, ma la sue ammissioni parziali (in un interrogatorio fiume da 11 ore a Rebibbia), che avevano convinto i pm a dare parere favorevole ai domiciliari, non avevano soddisfatto il gip Maria Paola Tomaselli, che aveva rigettato la richiesta sostenendo che Parnasi non aveva collaborato a sufficienza, scrive Vincenzi su "Repubblica". Ed è stato proprio dal no del magistrato che è partito l’interrogatorio di ieri, durato 4 ore, davanti al procuratore aggiunto Paolo Ielo e al sostituto Barbara Zuin. I magistrati hanno chiesto una serie di chiarimenti sui rilievi mossi dal giudice. Precisazioni, maggiori dettagli, chiarimenti. Innanzitutto sul suo rapporto con l’ex presidente Acea, Luca Lanzalone, vicino ai Cinque Stelle e finito ai domiciliari.

I pm hanno chiesto conto al costruttore dello stadio giallorosso dei contatti con il Mibact e di quelli con i politici: dall’ex assessore regionale Michele Civita all’ex vicepresidente del consiglio regionale Adriano Palozzi, passando per quelli con Daniele Piva e Mauro Vaglio. L’imprenditore ha anche dovuto approfondire i suoi finanziamenti alle fondazioni legati ai partiti. Eyu (Pd) e Più Voci (Lega) e suoi rapporti con i suoi collaboratori. Anche su questo punto, il giudice aveva espresso forti perplessità sulla “collaborazione”: Parnasi, aveva scritto, "non ha fornito alcuna dichiarazione riguardo l’associazione ed il ruolo svolto nell’ambito della stessa dai collaboratori/ partecipi".

Proprio ieri il gip ha detto no anche alla scarcerazione di Gianluca Talone e del cugino di Parnasi Giulio Mangosi. Pure in questo caso, la procura aveva espresso parere favorevole. Anche in questo caso, però, il giudice ha detto di no. Spiegando che anche loro, nei loro interrogatori, non hanno dato alcun contributo alle indagini. Che per entrambi, il fatto di non avere più alcun rapporto professionale con il gruppo Parnasi, non è sufficiente a dimostrare che siano stati recisi i rapporti con il malaffare. Il che vuole dire che i due potrebbero ancora inquinare le prove. Ora, alla luce di questo nuovo incontro, la valutazione del giudice potrebbe cambiare. Possibile che arrivi una nuova richiesta di scarcerazione dalla difesa dell’imprenditore che è parecchio provato dalla detenzione.