rassegna stampa roma

Gervinho vale la semifinale, a Conte non basta la Juve bis

(La Repubblica) Ma sì. È di nuovo la Roma di Gervinho, l’uomo dalle misteriose e ancestrali dannazioni, l’uomo che ieri scambiava gli avversari per i paletti di uno slalom, il più isterico, il meno preciso, fino ad un certo punto il...

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(La Repubblica) Ma sì. È di nuovo la Roma di Gervinho, l’uomo dalle misteriose e ancestrali dannazioni, l’uomo che ieri scambiava gli avversari per i paletti di uno slalom, il più isterico, il meno preciso, fino ad un certo punto il peggiore di tutti. Ha segnato proprio lui, è spuntato come la matta delle carte. Nell’unica, grande e bella azione di calcio vero dell’intera serata, si è mosso da centravanti, e lo ha fatto senza fretta, guardando gli altri anziché i propri piedi, pensando alla Roma e non al suo personale destino. Siamo al 33’ del secondo tempo. Sta per scattare la piccola vendetta della Roma sull’unica squadra che quest’anno è riuscita a batterla e un po’ anche a ridimensionarla. Pjanic appena entrato ruba palla a Bonucci, apre a Strootman (immenso come spesso gli capita), cross dall’ultimo centimetro di campo disponibile, Gervinho appoggia di esterno destro in rete. La Roma è in semifinale con Napoli o Lazio. Ma soprattutto è in semifinale perché ha battuto la Juventus regalandosi anche il piacere, quasi perverso, di vederla perdere le staffe nel finale come ai tempi di Montero.

La Roma aveva cinquemila e quattrocento secondi più eventuali mille e ottocento secondi supplementari per cercare di prendersi la rivincita. Per circa quattromila e cinquecento di quei secondi a disposizione ha aggredito la Juventus con modi urbani, era morbida, confusa, sbagliava passaggi elementari, era sì volenterosa ma altrettanto si mostrava sterile, e il suo movimento di palla, con Totti intermittente, non era abbastanza rapido per sgranare la difesa a otto della Juventus, che pareva la foresta di Sherwood. E soprattutto non è mai riuscita a tirare nello specchio della porta. Giovinco prende botte, fa ammonire Florenzi e Benatia che rischia il rosso (Conte lamenta un fallo da ultimo uomo). Però la partita è quasi a senso unico. Lo è stata sempre a parte gli ultimi otto minuti. Fuori dall’area juventina c’era un cartello: No Trespassing. All’inizio la Roma lo rispetta. La Juve si limita a restare corta, prudente. Però non si vedono tre passaggi di fila. Si potrebbe dire: partita tattica. Ma meglio dire: partita brutta. Frenesia, non dinamismo. Tanti errori di misura nell’impostazione della manovra e nel tiro da lontano. Dopo due minuti di assedio sterile, un cross di Torosidis sta per trovare Strootman sul secondo palo (26’). È il primo segnale che, volendo, con più rapidità, qualcosa si può aprire.

La Juve, che senza Tevez perde la sue armonie offensive, continua a dire: fate pure. Dopo mezzora le fasce juventine sembrano meno blindate di prima. Nel secondo tempo Conte mette Ogbonna per Chiellini. Annullano un gol a Peluso perché il cross alto di Isla aveva superato in volo la linea di fondo campo (1’), ma Peluso era solissimo e Garcia per poco non lo ricoverano. Forse la Juve ha deciso di provarci anche lei? Non proprio. Florenzi tenta al 9’, Maicon taglia spesso verso il centro ma non trova sponde. Conte sta aspettando di inserire Tevez e Llorente. E a quel momento vorrebbe arrivarci indenne (ma non ci riuscirà). Così pressa più alto, non si fa più assediare. Ma proseguono gli errori in appoggio, i disimpegni sbagliati, le sviste, i falli da ritardo. Tutto ciò rende assai scadente lo spettacolo. Ma l’emozione sale lo stesso. Giovinco sbaglia l’assist per Quagliarella in contropiede (24’): era un’occasione d’oro. Una gaffe anche per De Sanctis, inoperoso, che si fa anticipare la presa dalla testa di Peluso (25’). Subentra la paura, si sentono i supplementari in arrivo. Barzagli mura Totti (29’). Entra Pjanic per Florenzi che ha giocato socraticamente nascosto. Pjanic farà l’esatto contrario e cambierà il corso della storia. Un contropiede buttato via da Isla (31’) anticipa il gol di Gervinho. Segue gioia giallorossa.