Lo volevano vendere. Sette mesi fa in un agosto vissuto pericolosamente in casa Roma. E un pensierino c'è stato pure nel recente mercato di gennaio, scrive Piero Torri su La Repubblica. L'ordine era stato impartito dalla dottoressa Souloukou, l'ex amministratore delegato dimissionato per il quale, peraltro, cinque mesi dopo, non è stato ancora ufficializzato l'erede. E l'ex ad c'era pure riuscita. Un club arabo si era presentato, mettendo sul piatto uno stipendio da oltre venti milioni di euro netti a stagione per tre anni. Sembrava tutto fatto. Serviva solo il sì del giocatore. Che, invece, ha detto no. Scatenando l'entusiasmo del popolo romanista e l'ira del dirigente di cui sopra. È storia, non c'è niente di ufficioso in quello che abbiamo scritto. La Roma voleva vendere Paulo Dybala. Cioè il più forte giocatore che ha sul suo libro paga. Un campione. Aveva ragione Mourinho, c'è una Roma con l'argentino e una senza. L'ultima conferma, se mai ce ne fosse stato bisogno, la Joya l'ha confezionata nell'ennesima, entusiasmante notte europea di una Roma che da quando è tornato Ranieri in panchina sta dimostrando che le ambizioni dell'estate scorsa non è che fossero così campate in aria.


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E qualcuno voleva anche vendere Dybala agli arabi
E non lo diciamo soltanto per la straordinaria doppietta (due gol da svenire) che ha ribaltato il Porto in una manciata di minuti. Lo diciamo per quello che ci ha fatto vedere fino a quando, a pochissimo dal fischio finale, Ranieri non ha deciso di risparmiargli ulteriori fatiche, concedendogli l'ovazione di un Olimpico ai piedi (e che piedi) dell'argentino. Soltanto un campione può non solo farle, ma soprattutto pensarle. Lo volevano vendere. Non sarebbe stato soltanto un insulto tecnico, al calcio, alla bellezza di un sinistro come ne abbiamo visti pochi altri in tanti anni che seguiamo il calcio. La colpa, gravissima. sarebbe stata doppia. Perché cederlo avrebbe voluto dire vendere un sogno. Ed è un reato grave vendere un sogno. Imperdonabile. Irreversibile. Non si fa. Perché Dybala rappresenta proprio questo: il sogno. Quello di un popolo che sa riconoscere il campione che può rendere reale il sogno. Appunto, Dybala.
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