Se fino a qualche settimana fa Barcellona somigliava a un piacevole imprevisto sulla strada di una stagione soddisfacente, oggi il gala con il Barcellona in programma all’Olimpico per la Roma è quasi un fastidioso contrattempo in una stagione che rischia di complicarsi, scrive Matteo Pinci su "Repubblica". Perché da sabato sera qualcosa è cambiato. La sesta sconfitta in casa ha fatto crollare le attenuanti che spesso Trigoria ha offerto alla squadra. «Così non si vince»: questo si sono detti i vertici del club a caldo, dopo la partita contro la Fiorentina. Non che si possa cambiare in tempo per ribaltare l’esito sostanzialmente segnato del confronto con Messi, dopo l’1-4 incassato al Camp Nou, nonostante l’ottimismo di Di Francesco («Perché non credere a qualcosa d’impensabile?»). Ma aprile è il mese in cui mettere in ordine i pensieri per porre rimedio ai problemi.
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Bocciatura di un gruppo troppo fragile, la Roma ha già in testa la rifondazione
Voglia di cambiare: questo trasmette la Roma. E per cambiare il dna della squadra servirà anche vendere, per rinnovare i leader
Voglia di cambiare: questo trasmette la Roma. E per cambiare il dna della squadra servirà anche vendere, per rinnovare i leader: Manolas, Nainggolan, Strootman, Florenzi sono lì da anni. Anni in cui la Roma non solo non ha vinto, ma non ha mai dato l’impressione di poterlo fare. Qualche nome segnato in rosso per sostituire quei profili sull’agenda di Monchi c’è già: il marocchino Ziyech dell’Ajax e il costosissimo compagno De Ligt (ma lo segue il Barça), l’uruguaiano della Samp Torreira, Barella del Cagliari, il turco Söyüncü. A cui aggiungere dei leader in stile Kolarov: gente che possa portare un approccio differente. Oggi la Roma è fragile di testa: conosce a memoria il copione, ma non sa andare oltre l’interpretazione accademica. Rinunciando alla naturalezza del gesto, annodandosi in ricerche grottesche di trame anziché innescare reazioni, anche rabbiose.
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