(Il Romanista - C.Fotìa) E’ noto che Roma è città di passioni e di cinismo, di coraggio e di viltà, di virtù e di turpitudini. Un magma incandescente che l’attraversa, soprattutto nei periodi rivoluzionari. Senza dover tornare all’antica Roma, è stato così anche ai tempi della Repubblica Romana, divisa tra repubblicani e papalini. Se Franco Baldini fosse vissuto a quei tempi non ho alcun dubbio che sarebbe stato dalla parte dei rivoluzionari repubblicani, mentre sono altrettanto certo che tutti coloro che oggi lo crocifiggono si sarebbero nascosti dietro le truppe francesi che operavano la repressione.
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Stadio sprint
(Il Romanista – C.Fotìa) E’ noto che Roma è città di passioni e di cinismo, di coraggio e di viltà, di virtù e di turpitudini.
Che la Roma Americana avrebbe dato fastidio ai poteri costituiti del calcio italiano e alla palude dei poteri romani (soprattutto al groviglio edilizio-editoriale) a noi era chiaro sin dal principio (basta rileggersi la collezione de Il Romanista per accorgersene). Semmai, abbiamo talvolta criticato Franco Baldini perché pensava di poter rispondere con il fioretto. Ora ha capito che serve la scimitarra e speriamo non la rinfoderi.
La prima rivoluzione era stata l’ingaggio stesso di Baldini: «Attenti con me vi mettete nei guai», aveva detto alla cordata americana, ma quelli l’hanno scelto apposta, perché in Italia mettersi nei guai vuol dire voler agire contro le pigrizie, le consuetudini e il conservatorismo. Poi arrivò la scelta di Luis Enrique, dirompente in quanto a mentalità calcistica ma probabilmente ancora immatura per il calcio di un certo livello con tutte le tensioni che comporta e comunque “neutrale” rispetto al sistema di potere del calcio.
Con le sue dimissioni i sostenitori del ritorno all’antico, i nemici di ogni cambiamento (e basta, anche in questo caso, rileggersi le collezioni dei principali quotidiani romani o ascoltarsi le registrazioni di trasmissioni radiofoniche), pensavano di aver vinto, e infatti cantarono vittoria, pensando che un Baldini amareggiato sarebbe sceso a patti con loro. E invece, si sono trovati la bomba Zeman che ha aggiunto nuovo potenziale esplosivo alla Roma americana. Il popolo romanista che è figlio di Ciceruacchio e dei repubblicani romani, ha accolto con un entusiasmo senza limiti il ritorno del Boemo perché ha avvertito soffiare un bel vento. La squadra però ancora non gira, delude, fa incazzare bestialmente come a Torino e riceve un mucchio di critiche legittime, a cominciare dalle nostre (anche in questo caso scripta manent).
Dopo qualche giorno, però, la critica si trasforma in una chiara, sistematica e programmata aggressione al gruppo dirigente della Roma e vengono diffuse notizie non esagerate ma, semplicemente false: che gi americani non hanno soldi, che Fenucci e Baldini stanno per andare via. Notizie che le fonti, consultate, hanno regolarmente smentito, senza però riuscire a fermare l’onda. Io non evoco alcun complotto (è accaduto tutto alla luce del sole e ognuno può giudicare chi e perché ha scritto certe cose) tuttavia nessuno può impedirmi di ragionare sul contesto.
La campagna viene scatenata alla vigilia di una decisione strategica su dove e con chi costruire il nuovo stadio: è così fantascientifico immaginare che ci sia qualcuno, con notevole influenza sul mondo dell’informazione romano, che pensa di doverlo fare lui per diritto divino?
La questione degli "american straccions", poi, nasce in certi ambienti dell’imprenditoria romana che, senza aver mai voluto mettere mano al portafoglio per salvare la Roma quando era in vendita, ora magari, fatto fare agli altri il lavoro sporco, sperano di poter tornare magari giocando sull’ambiguità del ruolo di Unicredit che consente strani exploit epistolari senza nulla dire. Infine, anche questo è sotto gli occhi di tutti, ai soloni dell’informazione sportiva romana (la cui cipria nel frattempo si è solidificata rendendoli incatramati), l’idea che la Nuova Roma non intenda mettersi sotto la loro ala protettrice non va giù.
Trigoria non intende avere interlocutori privilegiati, non consente a nessuno di lucrare millantando legami speciali, si difende dai dossieraggi. Accetta ogni tipo di critica ma pretende rispetto e correttezza. Mi piacerebbe che le mie considerazioni venissero confutate, ma sono certo che così non accadrà. Diranno che sono un pazzo visionario complottista. Tuttavia sono sicuro che la maggioranza del popolo romanista la pensa come m
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