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Rocco, Capello e le minestre riscaldate vincenti

(Il Romanista – F.Bovaio) Un grande ex allenatore della Roma come Fabio Capello ama ripetere che «le minestre riscaldate» non funzionano mai.

Redazione

(Il Romanista - F.Bovaio) Un grande ex allenatore della Roma come Fabio Capello ama ripetere che «le minestre riscaldate» non funzionano mai.

Intendendo così il ritorno sulla panchina di qualche squadra da lui precedentemente allenata. Poi, però, scopriamo che nel corso della sua carriera di mister gli è capitato due volte di interpretare la parte della «minestra riscaldata »: con il Milan nel 1997-98 (in rossonero era già stato dal 1991 al 1996 vincendo tutto) e con il Real Madrid nel 2006-07, dopo esservi arrivato una prima volta nel 1996-97. Ma se a Milano il suo ritorno coincise con un deludente decimo posto, a Madrid si concluse con il bis della vittoria nella Liga conseguita dieci anni prima. Dunque anche la storia di uno da sempre avverso ai remake come lui dimostra che molte volte le «minestre riscaldate» riescono ad avere più sapore di quelle appena fatte, finendo con il gustare moltissimo al palato di chi le ri-assapora.

Questo secondo caso è quello che, a nostro giudizio, potrebbero vivere i tifosi della Roma se la scelta del nuovo allenatore giallorosso cadesse su Montella o Zeman, i due nomi maggiormente sognati dalla gente romanista. Il primo per tutta la sua lunghissima storia vissuta a Trigoria prima da calciatore e poi da tecnico; il secondo per la bellezza delle sue idee calcistiche, l’onestà intellettuale che ha sempre dimostrato di avere e la costante battaglia al malaffare dilagante nel nostro calcio sposata in pieno dalla tifoseria di una squadra che con questo non ha mai avuto a che fare. E poi entrambi si sono già seduti sulla panchina romanista ottenendo comunque buoni risultati, se calcoliamo le circostanze in cui si trovarono ad operare e le squadre che ebbero a disposizione. Senza dimenticare che la stessa storia giallorossa dimostra che dalle nostre parti la «minestra riscaldata» ha già funzionato. Ci riferiamo, ovviamente, a Nils Liedholm, che venne portato una prima volta alla Roma da Anzalone dal 1973 al 1977 e la seconda da Viola dal 1979 al 1984, periodo nel quale mise a frutto quanto aveva imparato nel quadriennio precedente della nostra città arrivando così a costruire la squadra da scudetto che tutti ricordiamo sempre con immenso affetto. Poi Liedholm tornò anche una terza e una quarta volta, a dimostrazione di quanto fosse profondo il legame con la società di Trigoria. Anche il suo eterno rivale degli anni ottanta Giovanni Trapattoni fu protagonista di un ritorno vincente alla Juventus dopo averla lasciata nel 1986. Ci riferiamo al quadriennio rivissuto a Torino dal 1991 al 1994 nel quale conquistò la Coppa Uefa.

E che dire di Nereo Rocco, del quale quest’anno si celebra il centenario della nascita con una bellissima mostra tuttora aperta a Trieste, sua città natale? Dopo aver vissuto un periodo d’oro al Milan dal 1961 al 1963 (...) vi tornò vincendo ancora di più di prima dal 1967 al 1974 (...), a dimostrazione che il ritorno spesso e volentieri paga eccome. Allargando il discorso all’Europa, che il ritorno possa finire bene anche perché in esso si evitano di fare gli errori commessi nell'esperienza già vissuta, lo dimostra la storia molto attuale di Jupp Heynckes, l’allenatore del Bayern Monaco sconfitto ai rigori dal Chelsea nella finale di Champions League. Sulla panchina dei bavaresi si era seduto già dall’87 al ’91 (quando vinse due campionati e altrettante Supercoppa di Germania) e poi nel 2009. Grazie a queste vite passate quest’anno è riuscito a costruire un Bayern strepitoso, protagonista di una Champions 2011- 12 eccezionale, poi persa solo per la sorte avversa e non certo per colpe sue.