(Il Romanista - M.Macedonio) «Parlare dopo una sconfitta come questa non è facile. E infatti non lo è».
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“Vorrei giocare in 11”
(Il Romanista – M.Macedonio) «Parlare dopo una sconfitta come questa non è facile. E infatti non lo è».
Ammette che il momento è complicato, Luis Enrique, ma nonostante tutto non si perde d’animo. «Il mio compito, come quello dei ragazzi (...) è di continuare a lavorare fino alla fine. E preparare le dodici partite che ancora mancano. Dovremo rialzarci di nuovo, insomma, anche se oggi è più difficile di altre volte. E a fine stagione vedremo dove saremo arrivati. Vincere oggi ci avrebbe messo tra gli aspiranti al terzo posto, mentre ora ne siamo molto lontani. Ma finché ci saranno punti in palio, dovremo cercare di farne». Non si dà però pace, il tecnico, per quella che sembra una vera condanna. «Almeno una volta (...) mi piacerebbe giocare un derby undici contro undici. E’ già la seconda volta che ci capita di rimanere in inferiorità numerica dopo pochi minuti. E non penso che giocare in dieci o in undici sia la stessa cosa. Poi, posso anche perdere, e allora faccio i miei complimenti all’avversario, ma così, è troppo difficile parlare ». Tanti errori, soprattutto in fase difensiva. «Errori infantili (...) A cominciare da quello, incredibile, a centrocampo, che ha determinato oggi rigore ed espulsione. Ma può succedere, come succede a qualsiasi squadra. E in una partita come questa, così sentita, può succedere ancora più facilmente. Peccato. Perché per tutta la settimana prepariamo una partita diversa e poi, purtroppo, arriva una cosa così. I giocatori hanno comunque fatto di tutto per cercare di raggiungere il pareggio. Non è arrivato. Ho visto però tantissima gente fare il tifo e con la voglia di aiutare la squadra. Mi spiace. Non so cosa ho fatto per meritare tutto questo».
Non si pronuncia, ancora una volta, sulla decisione del direttore di gara di comminare rigore ed espulsione. Anche se in tanti reclamano un cambiamento della regola, troppo penalizzante, che vede il cartellino rosso aggiungersi al penalty. «Non parlo mai dell’arbitro – ribadisce Luis Enrique – e se qualcuno pensa di buttare le colpe su di lui, sbaglia» risponde a chi gli riporta che Taddei si sarebbe detto non d’accordo con l’atteggiamento “buonista” della società. «Non so cosa ha detto Rodrigo, ma capisco che si possa essere delusi dopo una partita come questa. Ai ragazzi ripeto sempre di concentrarsi su ciò che devono fare e di dimenticare ciò che non possono controllare». Colpisce, gli fanno notare, la facilità con cui la squadra subisce gol da palle inattive. Soprattutto se si è una squadra forte. «Evidentemente, non siamo grandi. Chi ha detto che lo siamo? Semmai è vero che, in settimana, lavoriamo molto sui calci piazzati dell’avversario. E che succede a tutte le squadre di subirne, ma a noi capita troppo spesso. Non so cosa dire. Ammetto che è sempre più difficile risolvere queste situazioni». Se dovesse continuare così – gli chiedono – si potrebbe parlare di un progetto che va verso il fallimento? «Per me è importante quello che pensa la società, e ovviamente quello che pensano i tifosi. Non voglio essere l’allenatore di una squadra che non piace al club o ai tifosi, ma i giudizi li do solo alla fine della stagione. E credo di meritare di finire la stagione ».
Sul derby sostiene di aver visto anche cose interessanti, oltre agli errori: «Non ho nulla da rimproverare ai miei giocatori, che oggi hanno fatto tutto quello che hanno potuto per non perdere la partita. Anche se il risultato è uno schifo» aggiunge infatti. Ha già parlato con i dirigenti? «Non parlo mai di cosa succede, né all’interno dello spogliatoio, né nella società. Un appello ai tifosi? Non sono io la persona che può farne. Dico solo che sono stati bravissimi finora, così pieni di fiducia nei confronti del nostro lavoro. Questo è il momento più bello della mia carriera, finora breve, come allenatore. Ho capito in questi giorni come la città senta questa partita. E mi dispiace, anche stavolta, di non aver potuto regalare loro un momento di felicità».
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