(Il Romanista - C.Zucchelli) - Poche regole, ma non derogabili. E qualche concessione. Tutto all’insegna della coerenza e della chiarezza. Fin dal primo giorno di ritiro a Trigoria.
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Luis Enrique, libertà ma regole ferree
(Il Romanista – C.Zucchelli) – Poche regole, ma non derogabili. E qualche concessione. Tutto all’insegna della coerenza e della chiarezza. Fin dal primo giorno di ritiro a Trigoria.
Il rapporto tra Luis Enrique e la squadra è sempre stato improntato così, come hanno ammesso spesso i protagonisti e, nonostante qualche incidente di percorso, è stata una delle chiavi che ha portato la Roma a non perdersi nonostante i risultati altalenanti. Tutti i giocatori, dal più giovane ai senatori, hanno riconosciuto sempre a Luis Enrique l’onestà intellettuale e lo fanno anche adesso, nonostante l’esclusione di De Rossi a Bergamo qualche strascico potrebbe lasciarlo. Oggi chiarirà qualcosa una presenza importante nello spogliatoio, Gabi Heinze, che a mezzogiorno parlerà a Trigoria in conferenza. E’ stato lui, insieme a Perrotta, uno di quelli che domenica a Bergamo ha chiesto a Luis Enrique meno intransigenza e non era neanche la prima volta. Già dopo la sconfitta col Milan l’argentino aveva avuto un confronto piuttosto aspro con l’allenatore, culminato - secondo alcuni - nell’esclusione di Novara. Una scelta che Luis Enrique ha sempre difeso così: «Decisione tecnica». L’allenatore spagnolo non ha mai voluto parlare di quello che succede nello spogliatoio e mai lo farà, per lui quello che accade con i giocatori rimane all’interno del gruppo. In positivo e in negativo. Non parla quindi né di concessioni né di regole. Nel suo rapporto con la Roma, come detto, ci sono entrambe le cose. Le regole sono poche. La puntualità è la prima. Luis Enrique non ammette ritardi di alcun tipo: chi a Trigoria non si presenta in tempo per l’allenamento, per la riunione in sala video o per qualsiasi altro appuntamento fissato sulla bacheca della spogliatoio paga con una multa. Ne hanno fatto le spese, tanto per fare qualche nome, Bojan e Cicinho. Non solo: come qualsiasi allenatore, il tecnico spagnolo non ammette che i cellulari siano accesi durante le riunioni e durante i pranzi e le cene squadra e staff tecnico stanno da soli. Per fare gruppo, come già succedeva a Barcellona. Altra regola: rispetto massimo per i compagni. Il caso Osvaldo, così come il caso De Rossi, sono gli esempi più lampanti. Ma ci sono anche situazioni meno eclatanti, come quella che riguarda Borriello, a cui l’allenatore rimproverava lo scarso impegno in allenamento e che spesso è stato ripreso dal tecnico per questo. Luis Enrique sergente di ferro quindi? Anche, ma non solo. Perché ci sono alcuni aspetti della vita di squadra in cui il tecnico ha fatto marcia indietro per venire incontro alle richieste dei giocatori. Ad esempio, ha ridotto la durata degli allenamenti - da due ore a una e mezza di media - e prima dei giorni festivi li fissa alla mattina per lasciare ai calciatori più tempo libero. Ha abolito i ritiri, spesso e volentieri anche in trasferta, e quando può concede sempre il doppio giorno di riposo alla squadra. Prima della partita col Parma, ad esempio, ai giocatori erano state concesse 24 ore libere. Con i tre punti in tasca le ore di libertà sono diventate 48. L’esempio più eclatante è stato però quello delle vacanze di Natale: la squadra è stata lasciata libera dal 21 dicembre sera, cioè dopo la vittoria col Bologna, e si è ritrovata a Trigoria il 2 gennaio, ultima tra le formazioni di serie A. Il preparatore Cabanellas aveva lasciato ai giocatori una scheda di lavoro personalizzata, ma per il resto tutti hanno goduto della massima libertà. E tutti si sono presentati all’appuntamento in buone condizioni. Tanto che lo stesso allenatore ha elogiato pubblicamente e privatamente la professionalità dei suoi ragazzi. Parole che il gruppo ha apprezzato. Parole che raccontano di un rapporto a volte teso, come domenica a Bergamo, ma comunque sempre schietto e sincero. Un rapporto in cui la società interviene il meno possibile perché fin dalla prima volta che Luis Enrique ha parlato con Baldini, quasi un anno fa ormai, lo spagnolo era stato chiarissimo: «Le chiavi dello spogliatoio le voglio avere io. La squadra deve fidarsi di me, nel bene e nel male».
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