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Losi: «Prenderà per mano questa squadra»

(Il Romanista – M.Macedonio) «Non c’è da stupirsi se tra i giocatori suoi coetanei, Francesco sia rimasto l’unico in attività.

Redazione

(Il Romanista - M.Macedonio) «Non c’è da stupirsi se tra i giocatori suoi coetanei, Francesco sia rimasto l’unico in attività. È perché ha ancora una grande voglia di giocare» dice Giacomo Losi, motivando soprattutto con l’amore per questa maglia, oltre che con l’impegno quotidiano, le prestazioni che il capitano giallorosso continua a riservarci. «È perché Francesco ce l’ha dentro, il gioco del calcio. E gioca per il piacere di giocare, e non solo perché si guadagna bene. Anzi, se fosse contato questo, avrebbe già fatto a suo tempo la scelta di andare altrove. E non è un caso che anche Daniele (De Rossi, ndr) lo stia seguendo su questa stessa strada. Solo chi vive, o abbia vissuto un attaccamento così forte a questi colori, può capirlo».

A distanza di tanti anni, non nasconde il rimpianto, l’ex capitano, per aver invece dovuto smettere prima del tempo. Perché anche lui avrebbe continuato molto volentieri ad indossare quella maglia. «Purtroppo, fui trattato davvero male dalla Roma. Eppure, a 34 anni, stavo ancora benissimo. Mi lasciarono il cartellino in una maniera a dir poco oscena. Non venne neanche un dirigente a dirmelo, ma mandarono un’usciere a consegnarmi una lettera, a casa, con tanti ringraziamenti e distinti saluti…Ancora mi chiedo cosa avessi fatto per meritarmi tutto ciò. Ero moralmente distrutto. Fu per questo che, nonostante avessi altre offerte, preferii smettere. E non indossare altre maglie, oltre quella».

Anche tu ti eri trovato, gli ricordiamo, in precedenza, a scegliere di restare comunque a Roma. «È così. Basti dire che, intorno al ’62, quando avevo ormai raggiunto la nazionale ed ero obiettivamente tra i difensori più cercati dalle altre squadre, mi arrivò una proposta dell’Inter. Mi chiamò lo stesso Allodi, offrendomi il triplo di quanto prendevo a Roma. Risposi che stavo bene qua e che se la società non intendeva vendermi, meno che mai avrei chiesto di andarmene io. Presero allora Armando Picchi, e in quegli anni, con Helenio Herrera, vinsero tutto, fino alla Coppa dei Campioni. Ironia della sorte, proprio Herrera, che mi avrebbe voluto a Milano, fu poi quello che mi mise fuori dalla Roma, quando arrivò anni dopo nella Capitale. Qualcuno pensò che con lui avremmo vinto tutto, e invece… Conquistammo una Coppa Italia, proprio nel ’69, l’ultima mia stagione. In quel torneo giocai anche diverse partite. Ma, alla fine, non venni neanche invitato alla festa…».

Dovette anche lui accontentarsi di poco. Un’altra Coppa Italia, nel ’64, la prima conquistata dalla Roma, e la Coppa delle Fiere, antesignana della Coppa Uefa, sollevata proprio da Losi nel ’61. «È vero. Ma ha ragione Daniele quando dice che potrebbe bastargli vincere uno scudetto nei prossimi cinque anni. Così come ne ha vinto uno Francesco. E anch’io avrei voluto centrarne uno, ma non mi riuscì. Perché vincerlo con la “tua” maglia ha un valore maggiore di tanti trofei che puoi conquistare indossandone altre». Questa Roma, insomma, deve ancora una volta affidarsi a Totti. «Francesco continua ad essere molto importante per questa squadra. Che quest’anno, tra l’altro, mi sembra veramente bene attrezzata. Sono lui e Daniele che dovranno prenderla per mano e condurla fino al termine della stagione. E speriamo che proprio loro tornino a farci vincere qualcosa, dopo tanto tempo...»