(Il Romanista - P. A. Coletti) - «Tre scudetti sono pochi». Rudi Garcia ha un obiettivo ben chiaro in mente: vincere. «Sono alla Roma non per battere i record ma per vincere titoli. Tre titoli di campione d’Italia è troppo poco rispetto a quello che rappresenta questa società. Spetta a noi cambiare ed essere forti». Lo straripante inizio di campionato non basta a Garcia. L’allenatore non si siede sugli allori e sposta sempre l’obiettivo verso traguardi più alti. La sua Roma, rivelazione in Italia che ha stupito tutta Europa, gli ha portato un primo riconoscimento personale: Garcia è stato eletto miglior allenatore francese del 2013 superando la concorrenza di Didier Deschamps, ct della Francia, e Galtier, tecnico del Saint-Etienne, arrivati rispettivamente secondo e terzo. «Non me lo aspettavo affatto - le parole dell’allenatore francese a France Football - . Per fortuna ero seduto quando ho appreso la notizia... Sono stato sinceramente commosso per la sorpresa».
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Garcia: «Sono qui per vincere»
(Il Romanista – P. A. Coletti) – «Tre scudetti sono pochi».
La consegna del premio è stata l’occasione per ripercorrere, in’untervista al magazine francese, lo straordinario avvio dell’avventura di Garcia in giallorosso. Da Totti, «mi ha stupito, uno dei migliori giocatori nella storia del calcio», a De Rossi, «un uomo di classe per cui la parola data è un valore», passando per il derby del 26 maggio, «è stata creata anche una linea di abbigliamento Lulic 71’ per celebrare l’evento, pensa che mancanza di ambizione». Si parte dalle basi, imparare l’italiano. «Volevo comunicare con i miei giocatori, ma anche con la stampa, perché è parte del mio lavoro. Per integrarti pienamente nel paese ospitante devi iniziare l’apprendimento della lingua e il rispetto delle regole. Mi impegno ancora molto ma faccio ancora errori». Appena messo piede a Trigoria Garcia ha cambiato molte cose, partendo dai dettagli: «Qui ci sono tante persone che lavorano in un’area che non è molto grande. Tutti erano mischiati. Ora le persone non possono venire a bere il caffè quando la squadra si allena. Ho anche cambiato gli uffici per gli allenatori. È più facile cambiare abitudini quando sei nuovo». L’allenatore ha poi parlato del suo rapporto con i giocatori: «Tutti mi chiamano "Mister". Anche i leader. Al di là del talento, c’è una grande chimica tra i giovani e i più vecchi. Nessuno aveva voglia di rivivere una stagione come quella precedente, senza coppe e che si è conclusa con una sconfitta contro la Lazio nella finale della Coppa Italia. Tutti mi dicevano: "Piazza difficile". Se si lavora, non è più difficile di un’altra piazza. Qui c’è un sacco di passione e molta copertura mediatica che ingigantisce tutto».
La ricetta di Garcia per far ripartire la Roma dopo le delusioni dello scorso anno è sempre stata il lavoro: «Non ho guardato indietro. Avevo bisogno di seguire la mia strada e non potevo essere condizionato da quello che era successo prima. La mia priorità era quella di ottenere i giocatori migliori per un progetto di gioco che avremmo avuto poi. È stato complicato. In seguito, ho dovuto lavorare sul lato psicologico e convincere alcuni a rimanere. Il club aveva bisogno di vendere perché aveva speso quasi 100 milioni di euro in due anni. Il gruppo è cambiato molto. In particolare è stato difficile cedere Osvaldo e Lamela che avevano fatto trentuno gol in campionato». Garcia ha poi raccontato di quando ha capito di avere tra le mani un gruppo unito e di valore: «I primi risultati hanno aiutato. Ma ci sono stati dei segnali anche prima. Durante il ritiro c’è stata una giornata di rafting, seguita da una cena, che ha forgiato la coesione del gruppo. Ho potuto verificare che avevo uomini di qualità, non solo giocatori. Quel giorno, mi resi conto che i ragazzi avrebbero dato tutto. Questo è il carattere di una squadra vincente. La prima vittoria a Livorno, con il gol di De Rossi, è stata importante. Lui è romano. Per lui è stato molto complicato negli altri anni perché ha avuto un rendimento altalenante. È stato considerato in partenza. Gli ho detto che il suo posto era qui, ma che potevo capirlo. Abbiamo fissato insieme un termine oltre il quale non ci avrebbe lasciato più. Il Manchester United ha fatto un’offerta per il giocatore verso la fine del mercato. Daniele rispose dicendo: "No, ho dato la mia parola, non mi muovo". Questo è di classe! Il marchio di un uomo per cui la parola data è un valore. Quando ha segnato contro il Livorno è venuto a festeggiare con tutta la panchina». De Rossi non era l’unico giocatore che veniva dato in partenza. «C’era anche Pjanic, che ha segnato un gol favoloso contro il Verona. E Balzaretti, che ha segnato poi alla Lazio. Loro hanno risposto sul campo facendo vincere la squadra. Il gruppo si è saldato grazie al record delle dieci vittorie consecutive».
Garcia, conquistato da Roma e dalla Roma, ci ha messo poco per definirsi «un Romanista». Un francese romanista. «Questo è soprattutto il derby che me lo ha fatto dire. Tutto è cominciato con la finale di Coppa Italia persa contro la Lazio. Quando sono arrivato per la presentazione della squadra lo stadio era pieno di gente, ma sopra di noi volava un aereo con uno striscione che ricordava la sconfitta in finale. È stata creata anche una linea di abbigliamento Lulic 71’ per celebrare l’evento, pensa che mancanza di ambizione. Per fortuna abbiamo incontrato subito la Lazio in campionato così ci siamo potuti togliere questo trauma». Un occhio al presente, con lo sguardo rivolto verso il futuro: «Sono alla Roma non per battere i record ma per vincere titoli. Tre titoli di campione d’Italia è troppo poco rispetto a quello che rappresenta questa società. La AS Roma è un marchio conosciuto in tutto il mondo e può avere uno sviluppo enorme. Gli americani vogliono arrivare a questo. Hanno investito tanto anche nei primi due anni. Purtroppo, i risultati non hanno dato seguito. Ma il progetto di James Pallotta, il Presidente e il suo team è quello di rendere la Roma uno dei più grandi club al mondo». Dopo il record delle dieci vittorie consecutive la parola scudetto non è più impronunciabile: «E tuttavia, siamo solo secondi... In tutti gli altri campionati, saremmo in testa. Ciò dimostra che la Juve ha fatto un percorso fenomenale. Qui hanno parlato molto rapidamente di titolo. Può capitare, naturalmente, e cercheremo di finire al massimo possibile. Ma la Juventus e il Napoli sono più attrezzate di noi. Tuttavia, sono convinto che arriveremo in Champions League». Roma, in Italia come in Francia, vuol dire Francesco Totti. «Sapevo che era un grande giocatore, ma finché non l’ho visto non potevo sapere quanto. Francesco mi ha stupito. Per me, è uno dei migliori giocatori nella storia del calcio. I più grandi sono generalmente più normali e quindi più facili da gestire. Anche se ci sono delle eccezioni. Totti è uno normale, un capo tecnico che dà il buon esempio. Lui è intelligente, umile, positivo, allegro. Ama il gioco ed è apprezzato da tutti. La prima vota che abbiamo parlato mi ha detto che aveva fame e voleva vincere titoli».
Ambizione condivisa da Garcia: «Ho sempre pensato che se si gioca bene hai più possibilità di vincere. So che possiamo battere chiunque in questo campionato. E con questa squadra, posso andare lontano». L’eco dei miracoli romani di Garcia è arivato fino in Australia. Il network radiotelevisivo SBS ha intervistato l’allenatore francese che ha spiegato anche agli australiani i segreti della sua Roma imbattibile e imbattuta: «Quando sono arrivato ho trovato sicuramente un ambiente negativo: capisco che i tifosi possano essere delusi quando non vanno bene le cose. Ma quando inizia una nuova stagione, con un nuovo allenatore, un nuovo progetto di gioco, si deve dare un po’ di credito alle persone che arrivano. Quello che è importante è proteggere i giocatori e lavorare molto perché la verità si vede sul campo. Adesso abbiamo cambiato le cose e il popolo romano è più felice sicuramente. Io penso che è sempre meglio avere il pallino del gioco nelle nostre mani e attaccare. Per vincere le partite servono i gol. Facendo 38 0-0 si va in Serie B». Garcia si è poi soffermato sull’amore smisurato della gente romanista: «I tifosi qui sono appassionati molto più che altrove: è come la vita la passione è bella ma può essere pericolosa perché o vedi tutto nero o vedi rosso. Può essere un problema, per questo dobbiamo rimanere coi piedi per terra. Per il momento va tutto bene, ma una stagione non è un lungo fiume tranquillo: ci saranno momenti difficili, ma non sarà un problema. Quando c’è un momento negativo la forza del gruppo sta nell’uscirne il più presto possibile».
Un gruppo capitanato alla grande da Francesco Totti. «È un grande giocatore e un grande uomo. È umile. È una leggenda, ha fatto la storia e continua a scriverla. Non è possibile rifare una carriera come la sua. Fa parte di una generazione in estinzione ed è possibile che in futuro non ci saranno altri giocatori come lui perché Francesco ha conosciuto solo un club che è la Roma, il suo grande amore».
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