rassegna stampa roma

Finire bene, poi decidere

(Il Romanista – D.Galli) Il problema principale, in questo momento, è psicologico. E’ il nemico numero uno della Roma.

Redazione

(Il Romanista - D.Galli) Il problema principale, in questo momento, è psicologico. E’ il nemico numero uno della Roma.

A Trigoria parlano di loop negativo, un ciclo no, una sfilza di eventi avversi che rendono fragilissima la Roma. Nulla va per il verso giusto: attacchi e finisci per prendere gol, ti tremano le gambe nella tua area e in quella avversaria, tu - Roma - vai a Lecce e perdi male con la terzultima in classifica, poi però batti 3-1 l’Udinese. Ieri Luis Enrique si è confrontato con la squadra, lo ha fatto prima dell’allenamento. Ma a quanto risulta è stato un colloquio in chiave Napoli. Duro, ma il giusto. Niente di trascendentale, i toni sono stati quelli di un forte sprone. Perché la Roma non può finire così ingloriosamente questo campionato. Perché Luis Enrique è convinto che ci siano ancora i margini per chiudere con onore la stagione.

Terminata la quale, il tecnico tirerà le somme e deciderà cosa fare. Al momento il barometro sembra darlo molto incerto sul da farsi. Potrebbe anche andare via alla fine del campionato. La situazione è delicata e in continua evoluzione. Per quanto possa apparire paradossale dopo due sconfitte di fila, di cui una - quella di Torino - davvero brutta, una vittoria con il Napoli potrebbe riportare la Roma in linea di galleggiamento. Se la Lazio cadesse a Udine, la classifica relativa al terzo posto tornerebbe a essere cortissima. Attualmente, certo, ce ne vuole di fantasia per ipotizzare un successo con l’undici di Mazzarri. Ma sotto il Vesuvio all’andata abbiamo vinto con due gol di scarto. O no? La Roma però, che pure in alcuni momenti della stagione aveva fatto vedere del grande calcio, ora ha paura. Di tutto. Subisce l’avversario, pare quasi incapace di giocare a pallone. Ma è davvero così? No, ovvio. Sarebbe da incompetenti pensare che Pjanic non sappia più stoppare una palla o Taddei mettere al centro un cross decente. La Roma sa come si fa, solo che ha un inconscio timore a farlo.

Questa sembra essere una delle spiegazioni. Ma la dimostrazione che la squadra ha i mezzi per tornare a vincere l’hanno data le occasioni - su tutte, quella di Totti - avute nella ripresa contro la Fiorentina. Primo tempo inguardabile. Secondo tempo, vuoi per la reazione di Luis negli spogliatoi, vuoi per i cambi, padroni del campo fino alla mazzata del’1- 2 finale. In questi ultimi 360 minuti la Roma si gioca il suo futuro. Luis Enrique lo sa ed è per questo che ieri era proiettato solo verso il Napoli. Perché un eventuale successo, lo dicevamo prima, consentirebbe alla Roma di conquistare quel morale indispensabile per giocarsi tutto nelle ultime tre (non proibitive) gare di campionato. Luis Enrique può contare ancora sulla squadra. I giocatori non lo hanno mollato. Amano la lealtà di questo allenatore, che ha sempre fatto ricadere su di sé le responsabilità delle sconfitte. «Non è Luis Enrique il problema», ha detto subito dopo la partita con la Fiorentina Daniele De Rossi, «penso che sia uno dei più bravi. Mi hanno allenato Capello, Lippi e Spalletti, non pizza e fichi». Chi conosce De Rossi, sa che non parla mai per convenienza. Dice quello che pensa, fatto questo che in passato gli è costato anche qualche grattacapo (vedi quando in Nazionale si scagliò contro la tessera del tifoso).

Non è tenuto a difendere Luis Enrique, non sta scritto sul contratto, non è un dirigente. Il suo pensiero è però anche quello dei suoi compagni. Ed è la ragione, o meglio una delle ragioni, per cui il tecnico non si arrende. La Roma deve comunque prendere in considerazione ogni eventualità. Anche quella, pessima, di un ko con il Napoli. A Trigoria sono convinti che Luis non se ne andrebbe all’improvviso, mettendo nei guai la società e gettando la spugna a tre giornate dal termine. In questa ipotesi, al momento decisamente remota, andrebbe in panchina Aurelio Andreazzoli, collaboratore di Luis (era arrivato con Spalletti) che ha il patentino di allenatore di prima categoria. In ogni caso, il futuro è incerto. E il presente un po’ triste.