(Il Romanista - D. Galli)Tutto come da copione. La Giunta del Coni, il governo dello sport italiano, ha ordinato alla Federcalcio – ops, «segnalato», stando alle parole del comunicato ufficiale – di cambiare la norma sulla discriminazione territoriale. Questa vittoria della logica ha un solo padrone. Anzi due, ma è la stessa famiglia. Sono i romanisti, che con le loro provocazioni insistite hanno sollevato la questione, e la Roma, che si è vista respingere un reclamo da una Corte che allo stesso tempo le dava ragione. Bisogna ripartire proprio da quella curiosa sentenza per capire il sequel.
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Discriminazione ma Coni paletti
(Il Romanista – D. Galli) Tutto come da copione. La Giunta del Coni, il governo dello sport italiano, ha ordinato alla Federcalcio – ops, «segnalato», stando alle parole del comunicato ufficiale – di cambiare la norma sulla...
Il 25 febbraio l’Alta Corte di Giustizia del Coni non accoglie il ricorso della Roma contro la chiusura delle Curve per due giornate, effetto di due precedenti sentenze: quella del giudice sportivo, che sanziona così i cori di discriminazione territoriale – pardon, di discriminazione napoletana – e quella della Corte di Giustizia Federale, che boccia l’appello della società, confermando i due turni senza Curve. La Roma non s’arrende e bussa alla porta dei giudici del Coni, la Cassazione del diritto sportivo, presieduta dall’ex ministro degli Esteri Franco Frattini.
L’Alta Corte dice di no alla Roma, che nel frattempo ha presentato reclamo anche contro la chiusura dei Distinti Sud. È una falsa sconfitta, però, perché questo si legge sul comunicato: «Il Presidente ha altresì disposto la trasmissione della decisione alla Giunta Nazionale del Coni e, tramite la stessa, alla Figc, per le valutazioni e le determinazioni di competenza in merito alla congruità e applicabilità della normativa sanzionatoria posta a base delle misure comminate». Il senso è uno solo: modificate questa normativa, e fate presto.
Usando la delicatezza dovuta, la Giunta del Coni si è adeguata. «La Giunta – questo si legge sulla nota del Coni – ha esaminato le osservazioni dell’Alta Corte di Giustizia presso il Coni che ha segnalato alcune necessità di modifica normativa in relazione al Codice di Giustizia Sportiva della Federcalcio. Il Presidente Abete ha osservato che i suggerimenti dell’Alta Corte saranno valutati con grande attenzione dalla Figc naturalmente a fine stagione». Naturalmente a fine stagione.
Quindi ora proprio non se ne parla. Giusto, mica può intervenire sempre Galliani a chiedere e ovviamente ottenere un modifica a stagione in corso. Il presidente federale Giancarlo Abete ha incassato, ma con molta signorilità: «Studieremo i contenuti del suggerimento dell’Alta Corte e faremo una riflessione al termine della stagione sportiva sulla base di questi suggerimenti. Idee? Faremo un’elaborazione all’interno del Consiglio Federale e porteremo la nostra eventuale proposta. Ora siamo nella fase in cui ci è stato chiesto tramite la Giunta di fare una riflessione».
Incredibile ma vero, una (riflessione) giusta l’aveva fatta Lotito. Ad agosto. Appena partorita la prima norma sulla discriminazione territoriale, quella che prevedeva l’automatismo delle sanzioni (dai settori chiusi fino alla sconfitta a tavolino!), il presidente della Lazio aveva lanciato l’allarme, consapevole di quanto la responsabilità oggettiva mettesse spalle al muro i club. «Avevo previsto quello che poi è successo», dirà in seguito. Storia, ormai. Il futuro è una retromarcia. Lo fa capire benissimo il presidente del Coni Giovanni Malagò, che nelle dichiarazioni è molto più netto di Abete: «L’Alta Corte è stata esplicita nel dire che la norma non è chiara, o quantomeno non interpretata bene. Abete ne ha preso atto e ha detto che provvederà a fine stagione, per non condizionare e falsare il campionato in corso (resta un interrogativo: perché quando Galliani a ottobre lo ha chiesto, il Consiglio Federale ha provveduto?, ndr)».
Il numero uno dello sport sottolinea i limiti clamorosi di questa roba, dando pienamente ragione alla Roma, che da mesi li evidenzia: «Una delle varie situazioni evidenziate è se scontare la squalifica nella competizione in cui sono stati intonati i cori (esempio: sanzione comminata per una gara di Coppa ma che viene fatta scontare in campionato, vedi l’ultimo Napoli-Roma, ndr). E poi non si riesce a capire perché alcuni cori siano di discriminazione territoriale e altri no. Ho sempre detto che non possiamo fare una discriminazione nella discriminazione, e qui se n’é fatta parecchia. Se si insultano i cittadini di Napoli è giusto anche punire le offese a tutte le altre città. È un fatto di buonsenso. Faccio fatica a capire come uno non se ne renda conto. La gente rimane basita: è giusto punire alcuni cori, ma per altri cori e striscioni sono arrivate solo ammende amministrative e questo non può andare». Ok allora, siamo tutti d’accordo, a fine stagione (salvo provvidenziale chiamata di Galliani) si modificherà ’sta normativa sulla discriminazione territoriale. Resta un interrogativo. Uno solo. Se l’Alta Corte, la Giunta del Coni e adesso la stessa Federcalcio sono d’accordo nel rimetterci mano, perché così com’è la regola è inutile, dannosa, lacunosa, ma per quale benedetto motivo è stato respinto il reclamo della Roma?
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